selenevalentina

giovedì 20 dicembre 2012

NATALE ABRUZZESE (a Gio)


Soffia forte il vento oggi.
Haspazzato il cielo
lucidato il sole.
Da noi ora arriva
ci preme, ci spinge
quasi un fanciullesco gioco
a misurare forze.
Poi nel mare si tuffa.
Lo frulla lo rimescola
ingarbuglia onde
e schiuma bianca s'alza
sopra sfondo verde cupo.
Ma se lo sguardo cambia
e verso ovest si posa
su cielo azzurro si staglia
il niveo candore dei monti.
E noi che di tanta malìa
siamo spettatori
pensiero volgiamo in alto
a ringraziare chi
di tutto questo è Autore.
Nell'aria c'è il NATALE
risveglia i sentimenti
facciamo in modo che
rimangano perenni
e non vengano riposti
quando si spegneranno luci
di alberi e di presepi.
BUON NATALE

venerdì 14 dicembre 2012

NEVE


immagine flavionespi



Ti svegli
e resti in ascolto.
La notte
qualcosa ha cambiato.
E' il silenzio
che avvolge la valle.
Apri i vetri
è sospeso quasi il respiro
di fronte
al niveo, magico albedo
che gli occhi
invita a socchiudere.
Nell'aria
rincorrersi di rintocchi
annunciano
la vita ancora rinnovata
di un Bimbo
che ama la pace.
Non cercare
comete nel cielo.
Tu conosci
della strada il percorso
se nel cuore
condividi il suo amore.

mercoledì 12 dicembre 2012

IL MENDICANTE ( racconto filoss)


Maria era una donna poco più che trentenne. Viveva in un piccolo paese di montagna, dove il panorama era meraviglioso e l'aria sana ma questo, non compensava la miseria lasciata dalla guerra, Ed era stata proprio la guerra a toglierle per sempre il marito. Ed inoltre per colpa di una bomba scoppiatale vicino, aveva avuto un gravissimo danno ad una gamba, che la costringeva a muoversi sempre con un bastone. Aveva tre figli in età scolare e lei cercava di mantenerli nel migliore dei modi, lavorando, con grande fatica, la poca terra di sua proprietà e con le due mucche assicurava la colazione e spesso anche la cena, con zuppe di latte fresco, pane fatto in casa su cui stendeva burro, anche questo fatto da lei e marmellata, preparata con la frutta di due alberi che aveva nell'orto. E proprio questo era un'altra costante fonte di nutrimento. Il resto del latte, non utilizzato veniva raccolto giornalmente dal cascinaio, in modo da poter aver anche qualche soldo perché, la pensione di guerra del marito e la sua invalidità erano ben poca cosa. Si stava avvicinando il Santo Natale e lei, di nascosto, aveva preparato, come regalo per i figli, tre maglioni caldi e colorati. Non poteva fare di più ma i suoi figli non si lamentavano mai ed erano sempre sereni, Perché comprendevano le fatiche della mamma e si adoperavano come meglio potevano per aiutarla. Quella sera però erano tutti e tre a letto con la febbre e lei seduta a rammendare calze e pantaloni, accanto al camino, pregava in silenzio, Colei di cui portava il nome, perché li facesse guarire in fretta. Pensava che per il giorno di Natale, avrebbe preparato un ciambellone e al centro, nel buco lasciato dalla scodella messa durante la cottura, avrebbe posto alcuni cioccolatini, che le aveva regalato la bottegaia e già pregustava la gioia negli occhi dei suoi bambini. Fuori soffiava un vento fortissimo, che faceva montagnole con la neve che cadeva abbondante. Sentì bussare e chiedendosi chi poteva essere a quell’ora e con un tempo simile, andò ad aprire. Si trovò davanti un povero mendicante, che le chiedeva la carità di un pezzo di pane. Aveva indosso un mantello vecchio e strappato e scarpe rotte che gli lasciavano i piedi scoperti. Lo fece entrare, lo fece sedere accanto al camino acceso e lo rifocillò con un piatto di minestra calda, una fetta di pane e un bicchiere di vino. Il mendicante non smetteva di ringraziare e lei dopo avergli dato degli stivali e dei vestiti del marito defunto, gli disse, che avrebbe potuto dormire al caldo della stalla, dove c’era anche un bel mucchio di paglia asciutta e pulita. Il Mattino dopo, Maria si alzò presto, come di consueto e con grande gioia, trovò i figli sfebbrati, svelti e già vestiti perché non volevano perdere l’ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze natalizie. Andò nella stalla, per dire al suo ospite di andare in casa dove lo aspettava una scodella di zuppa calda e per mungere prima dell’arrivo del cascinaio, che se non trovava il latte già nel bidone sotto al portico accanto alla casa, cominciava a bestemmiare dicendo che lui non aveva tempo da perdere. Con sorpresa vide che non c’era presenza del mendicante però, la stalla era pulita, il latte munto già nel bidone e sulla paglia vi erano i vestiti rotti e un’immagine della Madonna con il Bambino in braccio. Pensò fosse opera dello sconosciuto e pregò Dio perché proteggesse tutti i viandanti. Si accinse quindi a portare fuori il bidone del latte ben chiuso e si accorse che si stava muovendo bene e in fretta senza l’aiuto del bastone. Si sentì pervadere da un’immensa gioia ma giunta sotto al portico, si sedette su un gradino perché temeva di svenire per una cosa così grande, improvvisa e per lei misteriosa. Era sicura di non sognare perché il camion del cascinaio si stava avvicinando, suonando il clacson come sempre. Si alzò e piangendo corse incontro all’uomo, che nel frattempo era sceso dalla cabina del mezzo. Continuando a pianger gli raccontò quanto le era accaduto, saltellando e piroettando in mezzo alla neve per convincerlo e convincersi, che la cosa fosse vera. L’uomo dopo averla ascoltata e guardata incredulo, improvvisamente si tolse il cappello, si fece il Segno di Croce e cominciò a pregare stupito che le parole, che credeva di aver dimenticato, uscissero con così grande facilità dalle sue labbra. Un raggio di sole bucò per un istante una nube e la neve sembrò un tappeto di diamanti.

martedì 11 dicembre 2012

NATALE 2012



Neppure l'ultima foglia
sul ramo più alto dell'acero
è rimasta
a fare compagnia.
Ad aspettare quel Natale
che da anni fai silente.
Il vento nella notte
se l'è portata via
lasciandola cadere lontano
dalle conosciute radici.
Come rinunciate speranze.
Chiudi gli occhi
per vivere il domani
che sai non poter cambiare.
Chiudi gli occhi
aspettando una primavera
che forse porterà
panchine condivise.

lunedì 10 dicembre 2012

MESSERE INVERNO



Ferma il pensiero se vuoi.
Ascolta il suono di Messere Inverno
che dall'alto ai vallivi discende.

Controlla che ogni albero dorma.
Che i cespugli più non facciano rose.
Che le more siano tutte raccolte.
Qualcuna ancora ne resta
e il passero dolce la trova.
Silenzio ora sta cambiando il suono.
Sta stendendo uno scialle di trine
intrecciato con fili di seta
da angeli indaffarati.
Non parlare ora ti prego
lascia che il lavoro si compia
dall'alto fino in fondo ai vallivi.

lunedì 3 dicembre 2012

I RACCONTI NEL CORTILE (racconti per filoss antichi)



Si stava bene nel cortile fra le case, nei pomeriggi primaverili. Sedevano su basse panche le vecchie, lavorando vimini, raccolti al mattino presto, nel greto del torrente. Toglievano prima la scorza usando un attrezzo, che nel dialetto veniva chiamato, sgurbia. Guardavamo affascinati, noi bambini, quelle dita magre e avvizzite, che si muovevano agili con quei sottili rami, umidi di linfa, intrecciandoli e trasformandoli in canestri e cesti di diverse misure. Li avrebbero poi venduti al giovedì mattina, nel mercato del paese. Ci guardavano sorridendo, con sorrisi vuoti e occhi infossati. Sapevano che stavamo aspettando i loro racconti, e a turno Cominciavano. Ma quando raccontavano la storia della ragazza e del diavolo, prima di cominciare, si facevano il segno di croce e ci invitavano a fare altrettanto…..” Era una ragazza bella, che in un pomeriggio di festa, era andata in paese con le amiche. C’era la fiera e su una pista di legno si poteva ballare al suono di una fisarmonica e di una chitarra. Non le mancavano certo i pretendenti e aveva ballato a lungo, con i ragazzi del paese, amici di sempre. Si stava riposando, seduta su una panca, quando un giovanotto sconosciuto, le chiese il permesso di accomodarsi accanto. Era bello, con modi gentili e uno sguardo affascinante. Si presentò con il solo nome e aggiunse che non poteva invitarla a ballare perché a causa di un recente incidente aveva qualche difficoltà nel muovere i piedi. Le disse che veniva da una città abbastanza lontana e cominciò a parlare della vita comoda che vi si conduceva. Le case erano belle, con grandi comodità come l’acqua calda corrente in cucina e in bagno. Non c’erano certo i gabinetti nel cortile come in quel piccolo paese. Vi erano negozi illuminati con la luce elettrica e nelle vetrine erano esposti abiti che avrebbero fatto la felicità di qualunque donna e certamente sarebbero stati perfetti, anche indossati da lei. Chiacchierarono a lungo e la ragazza pendeva dalle sue labbra. Quando le amiche la chiamarono per fare ritorno a casa, si riscosse come se uscisse da un sogno. L’uomo le chiese il permesso di andare a farle visita a casa, dopo qualche giorno e lei accettò, quasi senza renderse ne conto. Raccontò tutto alla madre, che restò perplessa. Il suo istinto le diceva di non fidarsi ma aspettò ad esprimersi perché prima era giusto conoscerlo. Dopo qualche giorno, la sera era già scesa e le due donne, che vivevano sole, dopo il recente lutto che le aveva private del marito e padre, avevano già consumato una cena frugale, sentirono bussare alla porta. La madre stava lavorando a maglia e quindi fu la ragazza che si alzò per andare ad aprire. Si trovò di fronte al giovane di città, che chiese il permesso di entrare. Lo fece acomodare e lui salutò educatamente la padrona di casa, dicendole di non alzarsi e le porse una scatola di dolci. La donna ringraziò ma nel prendere il dono, sentì un brivido di paura. Cercò di rimanere tranquilla per poter giudicare lucidamente l’ospite. Si era seduto sulla panca vicino alla ragazza e parlava incessantemente. La stanza era illuminata solo da una candela e quindi non era possibile vederlo bene in volto anche perché si era seduto i modo da avere la luce alle spalle e non aveva mai cambiato posizione. Se ne stava fermo e con i piedi sotto alla panca. Dopo un paio di ore si accomiatò, scusandosi anche con la signora per il suo modo strano di camminare ma disse che presto si sarebbe ripreso e promise, se aveva il loro permesso, di tornare. La ragazza lo accompagnò alla porta e sedutasi di nuovo accanto alla madre, cominciò a tessere le lodi di quel nuovo amico. Per risposta ebbe solo dei dubbi che però purtroppo, la lasciarono indifferente. Le visite si ripeterono, sempre alla sera, sempre con doni e anche con lo stesso modo di stare seduto. La giovane, totalmente presa da questo amore, parlava ormai solo di come sarebbe stata favolosa la vita che le prometteva l’uomo, nella grande città. La madre non riconosceva più la dolce, assennata figlia e i suoi tentativi di farla rifletter erano giudicati come invidia. Una sera, durante una delle solite visite, la madre era intenta come sempre, nel lavoro a maglia, quando, un gomitolo le cadde a terra e lei si chinò per raccoglierlo. Nel fare ciò, guardò sotto la panca, dove teneva i piedi l’ospite e quello che vide le gelò il sangue. Non erano piedi quelli che vedeva ma zoccoli. Con uno sforzo immane, mantenne la calma e con una scusa si alzò e andò nella camera da letto. Il giovane cercò di approfittare di quell’attimo per carpire il primo bacio alla ragazza ma non ne ebbe il tempo perché la donna rientrò. Si avvicinò sorridendo all’uomo dicendogli di guardare che cosa avevano regalato alla figlia. Lui allungò la mano e lei vi pose sopra la coroncina benedetta, ricordo della Prima Comunione. La coroncina sfiorò appena la mano tesa e la stanza fu invasa da un gran fumo e l’uomo si dissolse urlando e gemendo. La ragazza non capiva cosa fosse successo, tremava come una foglia e sembrava appena uscita da un tremendo incubo notturno. Quando, dopo essersi calmata, ascoltando le spiegazioni, si rese conto, che il giovane altri non era che il demonio, che cercava di rubarle l’anima. Si buttò tra le braccia della mamma, ringraziandola di averla salvata e scusandosi di non averla ascoltata prima. Il giorno seguente, raccontarono il fatto al parroco, che diede a loro e alla casa una speciale benedizione. Nella giovane ritornò la serenità ma quella coroncina rimase sempre accanto a lei”.
 
 

LA SALITA



Sono sola stasera o mio Signore
e mi abbandono alla Tua compagnia.
Chiudo i miei stanchi occhi
la Tua luce ho dentro ma non punge
le mie retine sofferenti.
Non ho voglia di parlare ma Tu sai
quello che Ti voglio dire.
Molte e molte salite con il Tuo aiuto

nella vita ho superato ma ora
un’altra si erge a me d’innanzi.
Avrei voglia di piangere, di urlare
picchiare pugni contro il muro
ma una voce nell’inconscio…..
-Ci sono Io accanto a te.-
Assecondo il sonno che mi mandi.
Anche questa salita o mio Signore
supererò se sarai Tu il mio bastone.

venerdì 23 novembre 2012

NEL PARCO





Dipinto
di giallo ocra sfumato
il parco d'autunno.
Chiudo gli occhi
per meglio ascoltare
apoptosi
a formare tappeto
scricchiolante
sotto ai miei piedi.
Nessuno
a farmi compagnia.
Seduta
su un piccolo muretto
col vento
condivido i miei pensieri.
Autunno
stagione dei miei anni
l'estate
da tempo ormai ho lasciato.
Rimpianti
di cose non avute
e spesso
non è stata mia la scelta.
Ma oggi
non voglio essere triste.
Godrò
i colori che anch'io ho usato
su tele
ancora conservate.
Il vento
mi spettina per scherzo.
Mi alzo
e sorridendo m'incammino.

giovedì 22 novembre 2012

CONTROLUCE





Rami di alberi in controluce
con occhi già semichiusi
che il sonno invernale già preme.
Li scalda in un ultimo abbraccio
di San Martino la tiepida estate.
che alla mente vuole portare
un pensiero di condivisione.
Sarà poi un incanto di bianco
a prendersi cura di loro.
Della linfa il riposo cullare
che al suo giungere la primavera
nulla abbia da contestare.

venerdì 16 novembre 2012

PANNI STESI



Due pali
e un lungo filo a unirli
piantati a bordo prato
sul retro
della sua casa di montagna.
Bucato
steso al sole ad asciugare
che assorbiva
profumo di valle in fiore.
Era bimbo
e il giocare ancora
era quotidiana occupazione.
I sogni
su quei panni stesi trasformava
per giocare col cane a nascondino.
Il vento
per far dispetto li spostava.
Seguiva
l'allegro saltellante abbaiare
e il rotolarsi insieme in mezzo al prato.
A volte
un duello con lenzuola improvvisava
che la mamma sgridando interrompeva.
In città
non stende i panni in mezzo al prato.
Un cane
ancora però ha per amico.
Quando torna
nella valle tanto amata
si ferma
a fotografare panni stesi.

mercoledì 31 ottobre 2012

LA LUCE

 

E dio creò la luce
così è scritto…..

ma non per te.
Il sole sfolgorante
mille colori illumina
ma un solo colore
vedono i tuoi occhi.
La luna rischiarò
la buia notte
e le stelle furono guida.
Ma per guida tu hai
solo il tuo istinto
e un fedele amico.
Ma l’animo tuo ha saputo
capire ed accettare
l’alto, misterioso disegno
e più d altri
vivi con sicurezza l’attesa.
E Dio creò la luce
così è scritto….
anche per te.

GIOCANDO CON I COLORI


disegno di Marina Rossi


-E’ brutto tempo, che si può fare ?-
chiedono i bimbi - Per non annoiarci ?-
-Faremo un gioco - dice la nonna
- Che fa lavorare la fantasia .-
Prende i colori e li mette vicino
a un foglio bianco che aspetta curioso.
- Disegneremo una fiaba con personaggi
che volta per volta inventeremo noi.
Chi vuol cominciare? Facciamo la conta
vi piace ancora, c’era una volta?-
Nascono cose davvero strane
c’è un piccolo drago su un’astronave.
C’è una farfalla che danza sul palco
e un piccolo elfo che batte le mani.
Che importa se piove se con i colori
un mondo magico possiamo inventare?
Arriva la mamma a prender i bimbi
finito ha il lavoro, a casa si torna.
Un bacio alla nonna –Torniamo domani
tieni pronti i colori e un foglio curioso
che altre fiabe dobbiamo inventare.
"...Hai mai sentito
il cadere di foglie d'autunno?
Non rumore ma lieve suono
dal gocciolio di nebbia
un'ultima volta abbeverate.
Vorrei mandare a monte la mia vita
a volte
perché su quel monte vorrei
restare."

giovedì 25 ottobre 2012

PIANTO


Ho ascoltato
il pianto di una bimba.
Era il primo vagito.
Sapeva di vita.
Ho ascoltato
il pianto di una bimba.
Per un palloncino volato.
Stupita incredulità.
Ho ascoltato
il pianto di una bimba.
Aggrappata a una bandiera.
Una bomba non è selettiva.
Ho ascoltato
da troppo poco tempo
il pianto di una bimba.
Mormorava "Mamma".
Per mano un fratellino
ignaro ancora
della parola "Cancro"
Ho ascoltato
il correre di una bimba
su foglie cadute.
Mi ha sorriso.
In quel sorriso
ho tuffato il cuore.

lunedì 15 ottobre 2012

RUGHE



Non cancellano le rughe
la dolcezza di un volto.
Sono ricordi di cose
che il segno hanno lasciato.
Cocente era il sole
ma secco era il fieno.
Dura era la terra
ma l'orto era importante.
Muggivano le mucche
all'alba e al tramonto.
I figli da crescere
con minestre e Ave Marie
sperando che il futuro
non riservasse troppi calli.
Anche lacrime nascoste
scavano i loro solchi
ma un sorriso di gioia
resta nelle pupille
pronto a luccicare.
Amale quelle rughe
della scuola della vita
insegnano il valore.

lunedì 8 ottobre 2012

A volte

A VOLTE


vorrei mandare a monte la mia vita
perché su quel monte vorrei
stare.
Hai mai sentito
il fabulare del vento
sdraiata sulla calda terra?
Hai mai sentito
del piccolo fiore
dalla madre terra generato
il primo vagito
mentre apre al sole la corolla?
Hai mai sentito
il cantare di farfalle
dal suono di verdi steli accompagnate?
Hai mai sentito
il ridere dei raggi che irrorano
zampillio di fontanelle?
Hai mai sentito
il cadere di foglie d'autunno?
Non rumore ma lieve suono
dal gocciolio di nebbia
un'ultima volta abbeverate.
Vorrei mandare a monte la mia vita
a volte
perché su quel monte vorrei
restare.

venerdì 28 settembre 2012

FAGGIO SECOLARE





Nel tardo pomeriggio
di un autunno lontano
sulla vetta del Barigazzo
...
solitario era salito
per ammirare il panorama
che ai suoi piedi s'apriva.
Lassù una stele di pietra
e una croce di ferro
che indifferente lo lasciava.
Il rosseggiare del tramonto
creste e crinale incendiava
e dello scorrere del tempo
neppure s'accorgeva.
Un brivido di freddo
lo convinse al ritorno.
Si mosse verso il basso
verso i faggi secolari.
Nel frattempo da umida nebbia
erano stati abbracciati.
Inciampò, cadde, chiamò
ma nessuno gli rispose
e la via da seguire
più non riconosceva.
Scivolando o su foglie cadute
contro un faggio si fermò.
Di continuare non se la sentiva
e il buio era ormai totale.
Appoggiò il capo alla dura scorza
mentre la mente vagava intorno.
Pensò alla vetta, alla croce di ferro
che per lui non aveva valore.
Schiuse le labbra in una preghiera
che da bambino aveva imparato.
Fra radici nodose contro il tronco
riuscì a spegnere la grande paura.
Un'alba chiara cancellò il sonno
e abbracciato il tronco ancora pregò.
Da allora chi passa dal faggio secolare
il viso del Cristo può intravvedere.

martedì 25 settembre 2012

TRAMONTO



Scorrono...
nel susseguirsi di sfumature
nell'indefinita linea del tramonto
i titoli di coda
di un giorno già vissuto.
Non so
se di gioia o di dolore
se di pace o di guerra.
Non so
se di addii o incontri.
Troppo lontano lo schermo
non riesco a leggere
i nomi dei protagonisti.
Ma quando s'abbuia il video
già nuove idee di speranza
fremono nella mente.
Mentre lentamente le ciglia
nell'incontro s'abbracciano.

lunedì 24 settembre 2012

SAPORI D’AUTUNNO

Entra ancora luce
dalla finestra aperta.
Tiepida luce d'autunno
che nella stanza indugia
e posa una carezza
su quel caro capo
che tieni dentro al cuore.
Le mani ancora svelte
non conoscono riposo
e i frutti di stagione
sono davanti a lei
Ti fermi ad osservare
la dolcezza dell'insieme.
Respiri profumo di casa.
Respiri profumo di mamma.
Respiri profumo d'autunno
che invita a meditare
sullo scorrere della vita.
Su colori che cambiano
nei prati, dentro ai boschi
sui visi di persone
che tanto hanno da dare
Dolce stagione questa
da vivere pienamente.
Fissi tutto in un click
prima che lei si volti
e ti inviti sorridendo
a sederti al suo fianco.



venerdì 21 settembre 2012

Il TEMPO




Vorrei fermare il tempo
su uno sguardo d’amore.
Vorrei fermare il tempo
sul sorriso di un bimbo.
vorrei fermare il tempo
sulla felicità
che dura un attimo.
E poi, che cosa avrei?
Un sorriso, uno sguardo,
una fugace felicità.
E a che cosa rinuncerei?
forse a molti dolori
ma forse anche ad altri
e magari molti sorrisi,
sguardi, felicità.
e allora che il tempo passi
ne passi tanto e tanto ancora.
Che gioie e dolori
si fissino nella mente.
Perché solo così….
è vivere la vita.

A LIGNA - LA LEGNA



A LIGNA

J'anavena a fa a ligna in te Sen
a me mamma e u me papà
cusèi qualche sodu i pudivena risparmià
che sultantu i tochi grossi gh'era da crompà.
L'era ina vacansa per non picenne.
Gh'era l'ombra, u su, l'acqua e a sabbia
e arenta a Furnasèn gh'era ina capelenna
per purtà i fiuri denansi alla Madunenna.
U mangià u se purtava da cà
turta de risu, de patate o ina bonna frità
e culle belle micche de pan de Furòn
con insimma oriu, tumata e sa
denansi a ioci anca mo i veido vurà.
Adessa di ani anca troppu n'è pasà
ma i ricordi in tu co i gh'en restà
perchè el cose belle i ne se pona miga scurdà.

LA LEGNA

Andavano a fare la legna in Ceno
la mia mamma e il mio papà
così qualche soldo si poteva risparmiare
che solo i pezzi grossi c'erano da comperare.
Era una vacanza per noi piccoline
c'era l'ombra, il sole, l'acqua, la sabbia
e vicino a Furnasèn c'era una cappellina
per portare i fiori davanti alla Madonnina.
Il mangiare lo si portava da casa
torta di riso, di patate o una buona frittata
e quelle belle micche di pane di Furon
con in cima olio, pomodoro e sale
davanti agli occhi me le vedo ancora volare.
Adesso degli anni anche troppi ne sono passati
ma i ricordi nel cuore sono rimasti
perché le cose belle non si possono dimenticare.

mercoledì 19 settembre 2012

MORTE DI UN ALBERO



Per anni e anni ed anni ancora
aveva riposato sotto candida coltre.
Per anni si era risvegliato
al pizzicore di nuova linfa vitale.
Era stato generoso e sicuro anfitrione
per i piccoli ospiti indifesi.
Per anni il vento l'aveva salutato
nel suo incessante peregrinare.
E di quanti avevano trovato ristoro
alla sua altruistica fresca ombra
neppure aveva memoria.
Ma oggi lo stavano uccidendo.
Urlava verso il cielo il suo dolore
ma nessuno poteva aiutarlo.
Troppo forte era lo stridore
della lama della insensibile mortale motosega.
Solo gli amici del bosco capivano
ma nulla potevano se non addolorarsi.
Un ultimo acuto stridore, una spinta, un tonfo sordo
e cupo.... E FU IL SILENZIO.

martedì 18 settembre 2012

I HAVE A DREAM


"I have a dream..."
E chi non ne ha.
Ma il tuo s'è spezzato
contro l'inatteso muro
che certo non era
di morbida gommapiuma.
E ora vorresti stare
dove sorge l'alba.
Seduta all'ombra di un melo
con un libro in mano.
Mangiare pane e olio
e darne alle formiche
perché possano farne
scorta per l'inverno.
Respirare silenzio
Scaldarti al sole che nasce
sdraiata nell’erba
e sussurrare nell'aria
"I have a dream"
Lascia che mi rimanga questo.

giovedì 13 settembre 2012

PREGHIERA (Pione)

Ho fermato il mio andare
dopo ore di sentieri
sul sagrato un po' consunto
di una chiesa di montagna.
Socchiuso il portone
invito ad entrare
prima che lento il tramonto
spenga il giorno.
Poche panche di legno scuro
e una donna davanti all'altare
che sgrana rosario a mezza voce.
Si volta sorride, mi siedo vicino.
Si alza la voce fa eco nel vuoto.
Parole conosciute fluiscono insieme.
Finiscono i grani, il ritorno mi attende.
Un segno di croce un tocco di mani.
Estranee di nomi ma unite in preghiera
mi sento leggera ho un ricordo nel cuore.

domenica 5 agosto 2012

DEBORA


Donavi amore, tanto. Tutto quello di cui
era capace il tuo cuoricino. Dolcissimo
batuffolo, che carezze da noi, fiduciosamente
ogni giorno cercavi, senza comprendere che
rafforzavi quell’empatica sintonia
affettiva, che nei pensieri mai si spegnerà.

sabato 4 agosto 2012

DIALETTO



Lo vedo girovagare nei borghi
alla ricerca di chi seduto
fuori dall'uscio, possa condividere

rimembranze del passato.
Magari in quel dialetto che mai dimenticò.
Ai figli l'ha insegnato, parlando
non di hamburgher e tacchino ripieno
ma di pane e polente con poca compagnia
buoni, però, perché conditi
con l'amore di una madre.
Ora che l'età del lavoro è terminata
in mezzo ai suoi monti vuole riposare.
Ma ecco scorge un compagno
di giochi scalzi e spensierati.
Un invito a sedersi sulla panca
e il novellare comincia.

mercoledì 1 agosto 2012

UN GATTO





Dalla finestra aperta
nella calda estate
ho sentito un gatto

miagolare nella notte.
Non ho potuto chiamarlo
per non destare i dormienti.
col pensiero l’ho seguito
nel suo girovagare
Con passi felpati come i suoi
giardini e strade ho attraversato
L’ho visto mettersi guardia
in attesa di una preda.
Saltare su un muretto
dove una micia l’attendeva.
e rincorrersi felici
nel giardino di una casa.
Gli occhi la luna illuminava
come fari a fendere il buio.
Era forse questo che l’invidia risvegliava?
quel muoversi nella notte
che avrei voluto io nel giorno?
Sono scese lacrime e son tornata
riavvolgendo svelta il pensiero
a posare il capo sul morbido cuscino
mentre un miao consolatore
insieme a me in un sogno entrava.

lunedì 23 luglio 2012

ALBERO DELLE GIUGGIOLE




Dell'albero delle giuggiole
non ero a conoscenza
ma una preziosa amica
me lo ha fatto incontrare.
Meraviglioso dono
che ho chiesto di condividere.
Abbiamo ascoltato musica
appoggiate al rugoso tronco
facendo parole crociate
stimolo per la mente.
Abbiamo sciolto i pensieri
che sono andati a passeggiare
liberi fra leggiere nubi
sgombre ormai da piogge.
Il crepuscolo ci è venuto incontro
indicandoci il ritorno...
Ma dall'albero delle giuggiole
vorrei poter tornare.

mercoledì 18 luglio 2012

VECCHIO FORNO




C'è qualcosa nell'aria
un profumo lontano
che le nari riempie
e invita a seguirlo.
La strada è in salita
e d'obbligo è la sosta
per fermare in un click
il panorama attorno.
Prosegui e di fronte
una casa cadente
fa stringere il cuore.
Il tetto sfondato
occhi spenti per finestre.
Una scala che più non porta
al fienile ormai vuoto
e la porta non protegge
chi un giorno se n'è andato.
Il profumo t'incalza
giri l'angolo e di fronte
un vecchio forno a legna
il segreto ti svela
" Al vento affidando il profumo
del pane appena cotto
avevo la speranza
che qualcuno mi raggiungesse
prima che il tempo
l'opera sua compisse.
Voglio raccontare di legna
che il calore donava
perché micche benedette
a capotavola fossero poste.
Di qualche torta per le feste
che ai bimbi dava gioia.
Di tante altre cose che dentro
premono per uscire.
Ti prego siediti accanto
non te ne andare in fretta
cercherò di essere breve
per timore di stancarti.
esaudisci il desiderio
di un vecchio forno che muore. "

martedì 17 luglio 2012

LAZZARO E LA CASA




Vorrebbe difenderla
dal tempo che passa
ma inesorabile lui
neppure l'ascolta.
e giorno dopo giorno
l'opera completa .
Di travi, tegole e pietre.
avidamente si nutre
Ma non s'accorge il tempo
che non è solo casa
che si sta prendendo
ma ricordi di vita
sparsi nel vento
che in un luogo lontano.
andranno a morire.
E tu non riporre speranze
in una resurrezione
che da un nome ti viene.
Appoggia il bastone
che il tempo non teme..
Accanto a me siedi
e da inizio al racconto
di fole, di cose, di gente
che qui hanno amato
la semplice vita
donata da Dio.
Attenta t'ascolto, le bevo
al vento le rubo
ho un bianco foglio
che le sta aspettando.
 
 

giovedì 12 luglio 2012

WENDY



C'era una volta... No, no, assolutamente no. Non, c'era una volta perché io ci sono ancora. Non sono la protagonista di una fiaba ma, sono la protagonista di una storia vera. Mi chiamo Wendy e sono una bellissima (scusate l'immodestia, ma io mi vedo così) puledrina. Sono nata in un giorno di sole e dopo un periodo vissuta in un luogo scuro e caldo, mi sono ritrovata sdraiata in mezzo all’erba. Una grossa lingua mi leccava tutta. Ho aperto gli occhi e ho compreso che la presenza, che mi stava coccolando era la mia mamma. Mi sono rilassata mentre un senso di felicità mi pervadeva ma, la mamma cominciò a spingermi con il muso, invitandomi ad alzarmi. Da brava cercai di ubbidire ma vi giuro, che non fu per niente facile obbligare le mie quattro zampe a restare diritte e in fatti mi ritrovai, ancora una volta sdraiata in mezzo all’erba. Poi dopo vari tentativi riuscii ad avvicinarmi ad un profumo invitante e cominciai a succhiare un buon latte, che riempiva il vuoto che avevo nello stomaco. Lo sforzo era stato grande e crollai di nuovo a terra dove feci un lungo sonno ristoratore. Al risveglio, la mamma mi offrì ancora un buon pasto e fu così per diversi giorni. Mi stavo rinforzando sempre più. Ora riuscivo a girare intorno a lei e a guardare ciò che mi circondava. Vivevamo, con un grande gruppo di cavalli in un immenso prato, di cui non riuscivo a vedere la fine. Avevo il pelo bianco come quello del mio papà e gli occhi azzurri, come quelli della mamma. Crescendo cominciai a fare amicizia con altri puledrini e insieme tentavamo di fare qualche breve corsa, sotto l’occhio vigile degli adulti. Io mi incantavo a vedere quest’ultimi, quando partivano al galoppo verso un punto lontano del prato. Diventavano sempre più piccoli fino a scomparire ma dopo un poco riapparivano e lanciavano forti nitriti di gioia. Dicevo che anch’io avrei voluto andare ma, la mamma mi sconsigliava dato, che ero ancora troppo piccola, e le mie zampe si sarebbero stancate in fretta. Non dovevo poi dimenticare, che in lontananza, verso le montagne, vivevano i lupi e sarebbero stati un gravissimo pericolo, nel caso mi fossi ritrovata sola. Vi garantisco che ascoltavo le raccomandazioni ma la tentazione di una corsa nel vento mi assillava sempre più. Era passata qualche settimana e diventavo robusta. Avevo provato ad assaggiare anche un po’ di erba ma per il momento preferivo ancora il latte. Quel giorno era nato un nuovo puledrino ed erano tutti molto intenti ad ammirarlo, così l’attenzione delle madri era attenuata. Perché dunque non approfittarne? Gironzolai un poco intorno, cercando di non dare nell’occhio e allontanarmi dal gruppo. Quando reputai fosse giunto il momento giusto mi lanciai al galoppo verso quel punto indefinito. Era meraviglioso, Sentivo il vento che mi accarezzava. Rimpiangevo solo di non avere una criniera lunga come quella di papà, che quando correva si apriva a ventaglio ma la sensazione era comunque esaltante. Galoppai e galoppai fino a quando il prato finì e davanti a me si aprì un panorama diverso. Il terreno saliva in un leggero declivio, che si faceva sempre più erto e al posto dell’erba c’erano pietre e rocce. Gli alberi erano grandi, circondati da cespugli pieni di spine. La cosa non mi piacque e decisi, che era giunto il momento di ritornare. Mi voltai ma davanti scorsi solo un bianco impenetrabile muro di nebbia. Da che parte era il punto da dove ero partita? Cercai di non farmi prendere dal panico. Forse salendo un pochino avrei potuto vedere più lontano. Feci così ma nel frattempo era cominciata una pioggia sottile ma insistente che rendeva le pietre scivolose e le mie giovani zampe erano ormai veramente stanche. Procedendo adagio mi rifugiai sotto ad un albero con la chioma grande e folta e questo mi tranquillizzò un pochino. Dovevo solo aspettare. La pioggia sarebbe cessata, la nebbia si sarebbe dissolta e io sarei tornata dalla mamma anche perché la fame cominciava ad essere prepotente e il mio stomaco brontolava, come se stesse rimproverandomi. Il tempo passava ed io credo di essermi addormentata perché, riaprendo gli occhi, mi accorsi che si era fatta notte. Non pioveva più ma la nebbia era ancora lì, compatta e impenetrabile. Non potevo certo muovermi e poi quelle pietre scivolose erano un pericolo. Ora la fame era veramente grande ma lo era ancora di più la paura. Non mi era mai capitato di trovarmi da sola e per di più in un luogo sconosciuto. I miei guai però, non erano ancora terminati perché all’improvviso sentii un ululato, che si faceva sempre più vicino. Che fare? Fuggire era impensabile. Mi voltai e vidi a poca distanza gli occhi lucidi di un lupo che mi fissava. Presa dalla disperazione cominciai a nitrire più forte che potevo e nel frattempo battevo forte gli zoccoli sulle pietre. Il lupo mi guardò per un minuto, poi se ne andò. Non saprò mai, se lo avevo spaventato o se non aveva fame. Mi appoggiai al tronco dell’albero perché mi sentivo mancare la forza. La notte mi sembrò interminabile anche perché stavo bene attenta a non addormentarmi. Finalmente il mattino cominciò a rischiarare il panorama e la nebbia se ne andò scacciata dal vento e dai primi caldi raggi. Ora potevo scendere da quel luogo infelice. Stando attenta al terreno ancora scivoloso giunsi finalmente nel prato. Cercai di orizzontarmi per tornare, quando sentii in lontananza dei nitriti. Erano la mamma, il papà e tutti gli altri, che erano venuti a cercarmi. I rimproveri non ve li racconto perché ve li potete immaginare ma, quando la mamma mi permise di prendere il suo latte, mi ripromisi che non avrei mai più fatto una cosa simile. Sono passati due anni. Ora sono una giovane puledra e la mia mamma mi ha appena regalato un fratellino. Ha il pelo scuro e gli occhi azzurri ed è bellissimo. Io sono diventata la sua guardiana e appena capirà, gli racconterò la mia tremenda avventura perché, gli serva da monito. A proposito, la mia criniera si sta allungando e quando galoppo si apre a ventaglio, come quella di papà e credetemi, è meraviglioso.

mercoledì 11 luglio 2012

LUCCIOLA




Dimmi tu piccola lucciola
dove vai quando il tempo è finito
e i teneri chicchi riposano già
nel buio granaio?
Non voglio pensare per te
ad una fuggevole, effimera vita.
Voglio pensare che fata LUCINA
ti porti con se nel grande mondo
a rincorrere le bionde stagioni.
Voglio pensare che tu possa ancora
illuminare le spighe rigonfie
che curvandosi dolcemente
accarezzano papaveri e fiordalisi
danzando con loro nel vento
in un suggestivo incontro d’amore.

martedì 3 luglio 2012

MANI





mani... le prime
che con amore t'accolgono.
Mani che pregano
per infondere su te
un futuro sereno.
Mani giovani, forti
già avvezze al lavoro
Mani leggere
che sul tuo capo
poggiano carezze.
Mani giustamente severe
che nella vita
ti sanno guidare.
Mani che di nascosto
lacrime hanno asciugato
per non dare pensieri.
Mani ora dal tempo segnate
Mani che ancora
un cibo speciale preparano
per te che a casa ritorni.
Mani che sfogliano un libro
che il sapere ancora piace.
Mani da stringere
da baciare, da benedire.
Mani che nel tuo cuore
hanno un posto speciale.

ARMONIE TRA LE MANI




Mani che vibranti emozioni
donano a anime assetate.
Mani che traggono note
di valzer, di ciarde ungheresi.
Struggenti da lacrime bagnate
o egloghe per occhi ridenti.
Mani che leggere sfiorano
sapienti accarezzano, premono.
E tu con le tese corde all'unisono
ti adagi aspettando
che da mani, armonie di note
i tuoi sensi appaghino
nell'ombra della notte incipiente.



giovedì 28 giugno 2012

MATERNITA'



Sei lì ora, Ancora forse
un poco incredula.
Sorridi a quel dolce peso
che contro il petto preme.
S'allarga il cuore
come ala protettrice.
Saprai difenderlo
come leonessa contro tutti.
Saranno lievi notti insonni
quando dal seno
vita suggerà.
Paga t'adagi accanto
sotto l'amorevole sguardo
di Colei che dell'Immenso
dolce Madre è stata.

venerdì 22 giugno 2012

FIORI GIALLI





Cammini solitario
nell'ombroso bosco.
Le chiome intrecciate
nascondono anche il cielo.
Ti senti triste oggi.
Hai quella malinconia
a volte quasi cercata
perché sembra un piacere
sentirsi vittima della vita.
A terra nello scuro
tappeto di foglie morte
e rami dal vento spezzati.
Quale migliore scena
per autocommiserarti?
Ma ecco d'improvviso
come due fari accesi
due fiori che al sole
il giallo hanno chiesto.
Loro non sono tristi
nel sottobosco nero
amano quella vita
che in dono hanno avuto.
Ti fermi, li accarezzi
che il coglierli certo
non è dei tuoi pensieri.
Guardi in alto fra le foglie
e uno spicchio di cielo
il sereno ti riporta.
Più cupo non è il bosco
ti ritorna amico.
Come quei fiori gialli
vuoi sorridere alla vita

martedì 19 giugno 2012

ROSAZZURRO



Va a dormire il fantasma...
Tutta notte ha vegliato
fedele guardiano
dell'amata fortezza.
Il rosa nell'azzurro degrada
a rischiarare la valle
al giorno che sorge.
Dormi bene fantasma
non ci sono nemici
puoi sognare sereno
l'amata perduta.
Nei sogni riuniti
le mani intrecciate
nel rosazurro del cielo
insieme vi perderete.

GIALLO


Si tende, s'allunga
verso il giallo calore
che lento va scomparendo.
Lo sa che ritorna
che non lo abbandona
lo ha imparato negli anni
di una vita vissuta
a suggere forza
dall'amato colore.
Ma nell'ora che del cielo
il buio s'impadrona
quell'istante di paura
inconsciamente ritorna.
La cosa non deve stupire.
In fondo la linfa
è un cuore che batte.

giovedì 14 giugno 2012

TAFFERIA



Sfarfallìo di fiocchi
che imbiancano la strada.
Sfarfallìo di ricordi
che invadono la mente.
Mi portano ad altri luoghi.
Mi portano ad altri tempi.
Quando Bardi ancora m’accoglieva
quando la mamma ad arte
sulla tafferia di faggio
rovesciava la polenta.
Nella cucina brillava
come astro casalingo.
Col sugo la cospargeva
e noi con la forchetta in mano
già sedute intorno
aspettavamo che il papà
desse il via alla sfida
per vedere chi per prima
arrivava al punto stabilito.
Mangiava adagio il babbo
per non lasciarci sole
per farci capire che sempre
insieme avremmo camminato.
Ed ora se nelle notti serene
in alto volgo lo sguardo
a cercare l'astro amico
è la voce di mio padre
che risento dentro il cuore.
"Tranquilla angioletto
non ti ho lasciata sola
come ti avevo promesso
cammino accanto a te.”

mercoledì 13 giugno 2012

BOSCO D’AUTUNNO





Cammino e cammino solitaria
nel grande bosco, alleato di sempre.
Cammino nelle nuance d’autunno
Adagio cammino cercando
di rendere il passo leggero
Per non disturbare il silenzio
Con lo scricchiolio di foglie cadute
Di quali colori mi voglio appropriare
Per farne memorie nei mesi a venire?
Del giallo leggero che sfuma nell’ocra?
Nel rosso vibrante passione
O della piccola foglia nascosta là in alto
Che ancora il verde d’estate conserva?
In una tavolozza mentale
Facendomi ladra li fermo.
Ma il bosco comprende il mio gesto
Che male non reca all’insieme.
Lui sa che ne voglio far dono
A chi un giorno con pennelli e colori
su tela per sempre, fermarli saprà.

martedì 12 giugno 2012

PIETRE SU PIETRE. (Vecchio Casone)



Si stringe il cuore...
S'avanza il pensiero
tra erba senza vita.
lambisce un tetto di antenate pietre
che ancora tenacemente
a ricoprire s'ostina
altre vecchie pietre.
Senza pensare al ieri
Senza pensare a domani.
Sbarrato l'uscio a trattenere
ricordi di voci remote
che chissà in quale altro luogo
avranno ascoltato.
Forse da una fessura
qualche parola o una preghiera
riuscirò a carpire.
Un sussurro mi giunge
flebile inaspettato
"Mi sento sola, abbandonata
voci di bimbi vorrei risentire"
E' la casa che parla?
Mi chiedo stupita…
Ma nel silenzio comprendo
che solo il vento e la fantasia
confondono il pensiero.

giovedì 7 giugno 2012

IL GALLO E LA FARFALLA





Un gallo canterino
ammira affascinato
una farfalla colorata
che vola di fiore in fiore.
Si libra, volteggia
in alto sale e poi ridiscende
come un petalo di fiore
portato dal vento.
Un pensiero d'invidia
lo rode un pochino dentro.
Vorrebbe anche lui provare
del volo l'emozione.
Si alza, allunga le ali
ma il goffo tentativo
termina in pochi metri.
Lo osserva la farfalla
un poco divertita, poi
sulla cresta leggera
un piccolo bacio posa.
Risponde lieto il gallo
con il suo più bello e forte
chicchirichì

AZZURRO




Ci sono giorni neri
Dove l’intero mondo
sulle spalle ti pesa.
Vorresti addormentarti
per poter dimenticare.
Piangi, ma neppure le lacrime
dilavano il dolore
mentre il cuore
e una pietra dentro il petto.
Poi d'improvviso un azzurro
come un velo di Madonna
squarcia quei neri nembi
portandoti il conforto.
Si alleggerisce il cuore
il mondo si solleva.
E una preghiera antica
ritorna sulle labbra.

mercoledì 6 giugno 2012

MUSICA E POESIA



E là sul palco illuminato
un pianoforte.
Danzano le dita
e musica spargono.
Il teatro ne è pieno
accoglie la melodia
che alta si leva.
Poi adagio si cheta
e sussurra.
Ed ecco
giovani ninfe
con voci d’incanto
spargono rime.
Eparlano suadenti
di monti, di boschi
di sapori antichi
di luoghi amati.
Leggere le parole
fluttuano nell’aria.
Silenzio….e poi
l’applauso le cerca
le raccoglie
le porta su, le porta
là, in alto
le porta nel cielo.
Sorridono gli angeli

LUNA PIENA




Luna piena stasera...
Un lupo mannaro s'aggira
per le strade di Torino.
Non ulula, non ringhia
Non assale i passanti.
Lento si muove
il muso verso l'alto.
e negli occhi lucidi
un non so che di commozione.
Si ferma, si siede...
Le zampe porta al collo
dove brilla una digitale...
Inquadra ed ecco...
Ha rubato la luna.
Lentamente
nel silenzio della notte
a passi felpati s'allontana...