selenevalentina

giovedì 20 dicembre 2012

NATALE ABRUZZESE (a Gio)


Soffia forte il vento oggi.
Haspazzato il cielo
lucidato il sole.
Da noi ora arriva
ci preme, ci spinge
quasi un fanciullesco gioco
a misurare forze.
Poi nel mare si tuffa.
Lo frulla lo rimescola
ingarbuglia onde
e schiuma bianca s'alza
sopra sfondo verde cupo.
Ma se lo sguardo cambia
e verso ovest si posa
su cielo azzurro si staglia
il niveo candore dei monti.
E noi che di tanta malìa
siamo spettatori
pensiero volgiamo in alto
a ringraziare chi
di tutto questo è Autore.
Nell'aria c'è il NATALE
risveglia i sentimenti
facciamo in modo che
rimangano perenni
e non vengano riposti
quando si spegneranno luci
di alberi e di presepi.
BUON NATALE

venerdì 14 dicembre 2012

NEVE


immagine flavionespi



Ti svegli
e resti in ascolto.
La notte
qualcosa ha cambiato.
E' il silenzio
che avvolge la valle.
Apri i vetri
è sospeso quasi il respiro
di fronte
al niveo, magico albedo
che gli occhi
invita a socchiudere.
Nell'aria
rincorrersi di rintocchi
annunciano
la vita ancora rinnovata
di un Bimbo
che ama la pace.
Non cercare
comete nel cielo.
Tu conosci
della strada il percorso
se nel cuore
condividi il suo amore.

mercoledì 12 dicembre 2012

IL MENDICANTE ( racconto filoss)


Maria era una donna poco più che trentenne. Viveva in un piccolo paese di montagna, dove il panorama era meraviglioso e l'aria sana ma questo, non compensava la miseria lasciata dalla guerra, Ed era stata proprio la guerra a toglierle per sempre il marito. Ed inoltre per colpa di una bomba scoppiatale vicino, aveva avuto un gravissimo danno ad una gamba, che la costringeva a muoversi sempre con un bastone. Aveva tre figli in età scolare e lei cercava di mantenerli nel migliore dei modi, lavorando, con grande fatica, la poca terra di sua proprietà e con le due mucche assicurava la colazione e spesso anche la cena, con zuppe di latte fresco, pane fatto in casa su cui stendeva burro, anche questo fatto da lei e marmellata, preparata con la frutta di due alberi che aveva nell'orto. E proprio questo era un'altra costante fonte di nutrimento. Il resto del latte, non utilizzato veniva raccolto giornalmente dal cascinaio, in modo da poter aver anche qualche soldo perché, la pensione di guerra del marito e la sua invalidità erano ben poca cosa. Si stava avvicinando il Santo Natale e lei, di nascosto, aveva preparato, come regalo per i figli, tre maglioni caldi e colorati. Non poteva fare di più ma i suoi figli non si lamentavano mai ed erano sempre sereni, Perché comprendevano le fatiche della mamma e si adoperavano come meglio potevano per aiutarla. Quella sera però erano tutti e tre a letto con la febbre e lei seduta a rammendare calze e pantaloni, accanto al camino, pregava in silenzio, Colei di cui portava il nome, perché li facesse guarire in fretta. Pensava che per il giorno di Natale, avrebbe preparato un ciambellone e al centro, nel buco lasciato dalla scodella messa durante la cottura, avrebbe posto alcuni cioccolatini, che le aveva regalato la bottegaia e già pregustava la gioia negli occhi dei suoi bambini. Fuori soffiava un vento fortissimo, che faceva montagnole con la neve che cadeva abbondante. Sentì bussare e chiedendosi chi poteva essere a quell’ora e con un tempo simile, andò ad aprire. Si trovò davanti un povero mendicante, che le chiedeva la carità di un pezzo di pane. Aveva indosso un mantello vecchio e strappato e scarpe rotte che gli lasciavano i piedi scoperti. Lo fece entrare, lo fece sedere accanto al camino acceso e lo rifocillò con un piatto di minestra calda, una fetta di pane e un bicchiere di vino. Il mendicante non smetteva di ringraziare e lei dopo avergli dato degli stivali e dei vestiti del marito defunto, gli disse, che avrebbe potuto dormire al caldo della stalla, dove c’era anche un bel mucchio di paglia asciutta e pulita. Il Mattino dopo, Maria si alzò presto, come di consueto e con grande gioia, trovò i figli sfebbrati, svelti e già vestiti perché non volevano perdere l’ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze natalizie. Andò nella stalla, per dire al suo ospite di andare in casa dove lo aspettava una scodella di zuppa calda e per mungere prima dell’arrivo del cascinaio, che se non trovava il latte già nel bidone sotto al portico accanto alla casa, cominciava a bestemmiare dicendo che lui non aveva tempo da perdere. Con sorpresa vide che non c’era presenza del mendicante però, la stalla era pulita, il latte munto già nel bidone e sulla paglia vi erano i vestiti rotti e un’immagine della Madonna con il Bambino in braccio. Pensò fosse opera dello sconosciuto e pregò Dio perché proteggesse tutti i viandanti. Si accinse quindi a portare fuori il bidone del latte ben chiuso e si accorse che si stava muovendo bene e in fretta senza l’aiuto del bastone. Si sentì pervadere da un’immensa gioia ma giunta sotto al portico, si sedette su un gradino perché temeva di svenire per una cosa così grande, improvvisa e per lei misteriosa. Era sicura di non sognare perché il camion del cascinaio si stava avvicinando, suonando il clacson come sempre. Si alzò e piangendo corse incontro all’uomo, che nel frattempo era sceso dalla cabina del mezzo. Continuando a pianger gli raccontò quanto le era accaduto, saltellando e piroettando in mezzo alla neve per convincerlo e convincersi, che la cosa fosse vera. L’uomo dopo averla ascoltata e guardata incredulo, improvvisamente si tolse il cappello, si fece il Segno di Croce e cominciò a pregare stupito che le parole, che credeva di aver dimenticato, uscissero con così grande facilità dalle sue labbra. Un raggio di sole bucò per un istante una nube e la neve sembrò un tappeto di diamanti.

martedì 11 dicembre 2012

NATALE 2012



Neppure l'ultima foglia
sul ramo più alto dell'acero
è rimasta
a fare compagnia.
Ad aspettare quel Natale
che da anni fai silente.
Il vento nella notte
se l'è portata via
lasciandola cadere lontano
dalle conosciute radici.
Come rinunciate speranze.
Chiudi gli occhi
per vivere il domani
che sai non poter cambiare.
Chiudi gli occhi
aspettando una primavera
che forse porterà
panchine condivise.

lunedì 10 dicembre 2012

MESSERE INVERNO



Ferma il pensiero se vuoi.
Ascolta il suono di Messere Inverno
che dall'alto ai vallivi discende.

Controlla che ogni albero dorma.
Che i cespugli più non facciano rose.
Che le more siano tutte raccolte.
Qualcuna ancora ne resta
e il passero dolce la trova.
Silenzio ora sta cambiando il suono.
Sta stendendo uno scialle di trine
intrecciato con fili di seta
da angeli indaffarati.
Non parlare ora ti prego
lascia che il lavoro si compia
dall'alto fino in fondo ai vallivi.

lunedì 3 dicembre 2012

I RACCONTI NEL CORTILE (racconti per filoss antichi)



Si stava bene nel cortile fra le case, nei pomeriggi primaverili. Sedevano su basse panche le vecchie, lavorando vimini, raccolti al mattino presto, nel greto del torrente. Toglievano prima la scorza usando un attrezzo, che nel dialetto veniva chiamato, sgurbia. Guardavamo affascinati, noi bambini, quelle dita magre e avvizzite, che si muovevano agili con quei sottili rami, umidi di linfa, intrecciandoli e trasformandoli in canestri e cesti di diverse misure. Li avrebbero poi venduti al giovedì mattina, nel mercato del paese. Ci guardavano sorridendo, con sorrisi vuoti e occhi infossati. Sapevano che stavamo aspettando i loro racconti, e a turno Cominciavano. Ma quando raccontavano la storia della ragazza e del diavolo, prima di cominciare, si facevano il segno di croce e ci invitavano a fare altrettanto…..” Era una ragazza bella, che in un pomeriggio di festa, era andata in paese con le amiche. C’era la fiera e su una pista di legno si poteva ballare al suono di una fisarmonica e di una chitarra. Non le mancavano certo i pretendenti e aveva ballato a lungo, con i ragazzi del paese, amici di sempre. Si stava riposando, seduta su una panca, quando un giovanotto sconosciuto, le chiese il permesso di accomodarsi accanto. Era bello, con modi gentili e uno sguardo affascinante. Si presentò con il solo nome e aggiunse che non poteva invitarla a ballare perché a causa di un recente incidente aveva qualche difficoltà nel muovere i piedi. Le disse che veniva da una città abbastanza lontana e cominciò a parlare della vita comoda che vi si conduceva. Le case erano belle, con grandi comodità come l’acqua calda corrente in cucina e in bagno. Non c’erano certo i gabinetti nel cortile come in quel piccolo paese. Vi erano negozi illuminati con la luce elettrica e nelle vetrine erano esposti abiti che avrebbero fatto la felicità di qualunque donna e certamente sarebbero stati perfetti, anche indossati da lei. Chiacchierarono a lungo e la ragazza pendeva dalle sue labbra. Quando le amiche la chiamarono per fare ritorno a casa, si riscosse come se uscisse da un sogno. L’uomo le chiese il permesso di andare a farle visita a casa, dopo qualche giorno e lei accettò, quasi senza renderse ne conto. Raccontò tutto alla madre, che restò perplessa. Il suo istinto le diceva di non fidarsi ma aspettò ad esprimersi perché prima era giusto conoscerlo. Dopo qualche giorno, la sera era già scesa e le due donne, che vivevano sole, dopo il recente lutto che le aveva private del marito e padre, avevano già consumato una cena frugale, sentirono bussare alla porta. La madre stava lavorando a maglia e quindi fu la ragazza che si alzò per andare ad aprire. Si trovò di fronte al giovane di città, che chiese il permesso di entrare. Lo fece acomodare e lui salutò educatamente la padrona di casa, dicendole di non alzarsi e le porse una scatola di dolci. La donna ringraziò ma nel prendere il dono, sentì un brivido di paura. Cercò di rimanere tranquilla per poter giudicare lucidamente l’ospite. Si era seduto sulla panca vicino alla ragazza e parlava incessantemente. La stanza era illuminata solo da una candela e quindi non era possibile vederlo bene in volto anche perché si era seduto i modo da avere la luce alle spalle e non aveva mai cambiato posizione. Se ne stava fermo e con i piedi sotto alla panca. Dopo un paio di ore si accomiatò, scusandosi anche con la signora per il suo modo strano di camminare ma disse che presto si sarebbe ripreso e promise, se aveva il loro permesso, di tornare. La ragazza lo accompagnò alla porta e sedutasi di nuovo accanto alla madre, cominciò a tessere le lodi di quel nuovo amico. Per risposta ebbe solo dei dubbi che però purtroppo, la lasciarono indifferente. Le visite si ripeterono, sempre alla sera, sempre con doni e anche con lo stesso modo di stare seduto. La giovane, totalmente presa da questo amore, parlava ormai solo di come sarebbe stata favolosa la vita che le prometteva l’uomo, nella grande città. La madre non riconosceva più la dolce, assennata figlia e i suoi tentativi di farla rifletter erano giudicati come invidia. Una sera, durante una delle solite visite, la madre era intenta come sempre, nel lavoro a maglia, quando, un gomitolo le cadde a terra e lei si chinò per raccoglierlo. Nel fare ciò, guardò sotto la panca, dove teneva i piedi l’ospite e quello che vide le gelò il sangue. Non erano piedi quelli che vedeva ma zoccoli. Con uno sforzo immane, mantenne la calma e con una scusa si alzò e andò nella camera da letto. Il giovane cercò di approfittare di quell’attimo per carpire il primo bacio alla ragazza ma non ne ebbe il tempo perché la donna rientrò. Si avvicinò sorridendo all’uomo dicendogli di guardare che cosa avevano regalato alla figlia. Lui allungò la mano e lei vi pose sopra la coroncina benedetta, ricordo della Prima Comunione. La coroncina sfiorò appena la mano tesa e la stanza fu invasa da un gran fumo e l’uomo si dissolse urlando e gemendo. La ragazza non capiva cosa fosse successo, tremava come una foglia e sembrava appena uscita da un tremendo incubo notturno. Quando, dopo essersi calmata, ascoltando le spiegazioni, si rese conto, che il giovane altri non era che il demonio, che cercava di rubarle l’anima. Si buttò tra le braccia della mamma, ringraziandola di averla salvata e scusandosi di non averla ascoltata prima. Il giorno seguente, raccontarono il fatto al parroco, che diede a loro e alla casa una speciale benedizione. Nella giovane ritornò la serenità ma quella coroncina rimase sempre accanto a lei”.
 
 

LA SALITA



Sono sola stasera o mio Signore
e mi abbandono alla Tua compagnia.
Chiudo i miei stanchi occhi
la Tua luce ho dentro ma non punge
le mie retine sofferenti.
Non ho voglia di parlare ma Tu sai
quello che Ti voglio dire.
Molte e molte salite con il Tuo aiuto

nella vita ho superato ma ora
un’altra si erge a me d’innanzi.
Avrei voglia di piangere, di urlare
picchiare pugni contro il muro
ma una voce nell’inconscio…..
-Ci sono Io accanto a te.-
Assecondo il sonno che mi mandi.
Anche questa salita o mio Signore
supererò se sarai Tu il mio bastone.