selenevalentina

domenica 29 settembre 2013

CASE ABBANDONATE



Erano poche le case, sul fianco del monte, dove cominciava il bosco. Di pietre naturalmente, tirate su, con fatica e sudore. I tetti di ardesia. Piccole le finestre. scuri a proteggerle dal freddo. Porte mai chiuse a chiave, perché, i bimbi potessero uscire, al richiamo di giochi o per inseguire un gatto indifferente. Una piccola "Maestà" circondata da rose. Poche anche le famiglie ma, numerose le nascite. Uomini con il cappello, da togliere in chiesa o di fronte a persone, ritenute importanti. Il rispetto era insito in loro. Donne, che a quarant'anni, già portavano sul viso, segni del vivere faticosamente. Semplici le vesti e nere calze anche in estate. Poi un giorno qualcuno, aveva cominciato a parlare, di paesi lontani, di città e di sconosciute comodità. Ad uno ad uno, se ne erano andati, portando i figli, che non capivano perché, il gatto non potesse seguirli. Restarono sole le case. Ferme a vedere scorrere il tempo. A vedere, tetti sfondarsi sotto il peso di neve e gelo. Gli scuri, staccarsi al perenne dondolio, che il vento li costringeva. Solo le rose, accanto alla piccola cappella, continuarono a profumare l'aria,lottando con erbacce, sempre più invadenti. Anni ne passarono ma, nessuno li contava. Poi un brutto giorno, giunsero loro, i vandali del ieri. Non si accontentarono di occhieggiare dai vetri. No, entrarono, sfondando vecchie porte, che ben poca resistenza opposero. Non curanti di polvere e ragnatele, aprirono i poveri mobili. Togliendo cassetti, alla ricerca, di chissà quale tesoro dimenticato. Strapparono calendari, unici testimoni di date fermate. Neppure la piccola Madonna fu rispettata. Spezzato l’altare e la campanella, starà ora piangendo, in chissà quale luogo, dimenticata. Queste le cose, che mai comprenderò. Queste violenze vandaliche, nate da menti vuote. Se un giorno, posteri verranno, alla ricerca di luoghi, narrati da nonni, distruzione troveranno. E allontanandosi, sentiranno solo il freddo di una mano gelida di tristezza, che stringerà loro, il cuore.






domenica 22 settembre 2013

ZOLLE



Come sorelle
strette l'una all’altra
stanno le scure zolle. 
Non più buoi
a trascinare lenti 
aratri, dal tempo lucidati. 
Affondavano vomeri
a tracciare diritti solchi
Sotto il preciso sguardo
di un contadino intento.
Trattori oggi
a compiere il duro lavoro. 
Ma ancora zolle
saranno genitrici
per i semi, intorno sparsi
Come madri
in grembo li terranno
fino allo spuntare
di fragili figli
che al sole cresceranno.
Attenti uccelli volano
a seguire l'agreste opera
sperando di riempire il becco
di nutrimento sostanzioso.
E all’ultimarsi del giorno
sempre, si sofferma l’uomo.
Nella mente un pensiero
la mano sopra il cuore
stesa poi in benedizione
che non sia vana la fatica.
Ora il ritorno a casa
toglie stanchezza al passo.

mercoledì 18 settembre 2013

STRADA

Quando la vita
col suo peso ti schiaccia.
Quando l’oscurità ti circonda
e la tua strada che infinita
ti sembrava, ora, da una parete
insormontabile appare sbarrata.
Cadi giù, la testa china, pesante.
Senza forza ne volontà.
Ma non permettere mai
che le nere ombre
ti tolgano le speranze.
Leva fiducioso lo sguardo attorno
e all’improvviso la vedrai.
La tua nuova strada
sarà proprio lì, davanti a te.
Forse all’inizio sarà
un piccolo sentiero, magari
ripido, tortuoso e faticoso.
Ma Lui che te lo ha indicato
non ti lascerà solo
Ti aiuterà a percorrerlo e adagio
il sentiero si allargherà
e passo dopo passo lo percorrerai.
Alzati dunque ora
con coraggio perché, Lui è con te.

SACRA FAMIGLIA



Un palpito
e più forte un altro ancora.
Comprendi, che giunto è l'attimo
perché dell'angelo si compia la parola.
Le labbra stringi forte per non gridare
quando il dolore tutta ti riempie.
Non madre, amica, sorella o altra donna
per condividere i tuoi timori.
Sola, preghi perché Lui guidi
ogni gesto, ogni tua azione.
Ed ecco, fra le mani tieni
Colui, che del mondo chiamano salvatore.
Tutto, incredula lo guardi, gli sorridi
lo lavi e in panni te lo avvolgi.
Già ti perdi nei suoi occhi
cercando di scacciare quel presagio
di una futura, grande sofferenza.
Poi lo prendi sul tuo seno
perché, tragga da te il nutrimento.
Il suo profumo aspiri, che come ogni madre
scordare nella vita mai potrai.
Un muggito a mezza voce
un raglio dall'asino trattenuto
per non destare quel Bambino
che sul tuo cuore s'è addormentato.
Tu donna benedetta fra le donne
hai compiuto il miracolo d'amore.
Entra lui, l'uomo del quale
abbraccio, ancora non conosci
ma che padre, orgoglioso già si sente.
La Sacra Famiglia, illumina la cometa
sperando di trasmettere nel mondo
quell'amore, che migliori, tutti renda.

lunedì 16 settembre 2013

MIGRANTI

Passavano dietro casa
i fili della luce
e su loro si fermava

lo sguardo della piccola bimba.
Non capiva quel raduno
l'una stretta all'altra
e l'insieme del partire
garrendo verso sud.
Migranti
qualcuno le aveva spiegato
che vanno, a cercare il caldo
nell'Africa lontana.
Migranti come i vicini
partiti per il Venezuela?
Come il cugino Pino
nelle miniere del Belgio?
Come la zia Pierina
a servizio vicino a Cardiff?
Migranti come il padre
della sua mica Luisa
che faceva il muratore
in un paese della Francia?
Era brutto non avere il papà
ad ascoltarti, a raccontare fiabe.
Un giorno l'ha vista partire
stringendo la mano della mamma. 
Non l'ha più vista tornare
ma sapeva che era, con il suo papà. 
Migranti, che a volte tornavano
con qualche soldo da spendere.
Migranti, che s'ammalavano
nelle fauci di una buia miniera.
Imparava nomi sconosciuti
la bimba, che amava le rondini
e li cercava sulla cartina
per sentirsi un poco vicino. 
Migranti
di ieri, di oggi, di domani
che nel mondo ancora andranno
a ricercare un luogo... Caldo...





giovedì 12 settembre 2013

U SPAVENTAPASSERI




In t in giurnu de primaveira
de in po' de tempu fa
in mezzu a ingrande prà
in bel spaventapasseri
l'era sta piantà.
Con u compitu de spaventà
chi i semi a sbafu u anava a mangià.
Giurnu e notte sensa gnisson
i ghe favena vegne a depression.
e u contadén in po' distrattu
gnanca in numme u gh'ava dattu.
Con in leverattu l'ava parlà
ma lu u pensava sultantu a saltà.
Sepiuviva a pianze u se mettiva
cusei gnisson se ne incurziva.
In giurnu u contadén l'era turnà
per mette ina spaventapasseri
dall'atra parte da strà
e lu de culpu u s'era innamurà.
L'era elegante con in bel cappelén
e denansi in russu scussarén.
U s'è incortu, che l'era ricambià
ma cusei lontan, cumme i pudivena fa?
A gh'à avì compassion ina bella farfalla
e vurandu da spalla a spalla
l'ambasciatrice d' amure a s'era missa a fa.
Anca i spaventapasseri i gh'an dirittu alla felicità

mercoledì 11 settembre 2013

PARLANDO CON VECCHIE PIETRE

Conosco il luogo e in un pomeriggio d'estate, accanto, a vecchie case di pietra, mi sono fermata. Aiutata da un vento leggero, ho ascoltato le loro parole. Ricordavano il passato. E di che altro potevano parlare, per non pensare allo sfacelo, che su loro incombeva? Mi hanno chiesto, se sapevo, di chi era partito. Quale luogo aveva raggiunto e se era stato triste o felice. E quei bimbi incerti nei passi, di loro avevano ricordo? Non sapevo, chi qui fosse nato, ne il luogo del loro destino, ma di migranti potevo parlare. Di navi, che andavano lontano, di treni e valige quasi vuote, che poco, qui possedevano. Di grandi cucine di alberghi, con montagne di piatti da lavare. Di sconosciute famiglie, a cui dovevano, rispetto e lavoro. Di miniere buie e profonde, dove la morte era sempre in agguato. Mi hanno chiesto, cos'era città. Ho parlato di anonimi palazzi e di grattacieli, che toccano nubi. Ora i figli, di chi qui era nato, eredità avranno raccolto, di ricchezza o normalità. Ho parlato di auto sfreccianti, sostituti di asini e muli. Di persone, che camminano a lungo, per piacere e non per dovere. Di smog, che nasconde le stelle. Di donne, che dividono il tempo, fra casa e un'altro lavoro. Di bimbi, fermi per ore a guardare uno schermo digitale. Inconsapevoli della gioia di giochi in cortile, fino a quando, scende la sera. Di cibi nella plastica avvolti. Di pranzi già pronti, da mettere in freezer. Pensando magari a un racconto, di un orto dietro la casa. Ho descritto arredi e quadri. Di bagni, con comode vasche. Non più quattro assi di legno, in mezzo ad un campo. E' vero, non c'è il filosso e lo scambio del pane al bisogno. Il rosario nell'oratorio,tra profumo di rose sbocciate. Di mietere insieme il grano e cantando, raccogliere uva. Di c'era e di c'è, a lungo ho parlato. Fino a quando, la domanda è arrivata. Cos'era migliore. Il presente o il passato? Ho pensato, analizzato ogni cosa ma una risposta, non ho trovato. Non ho più visto, le vecchie case di pietre. Non so se sono in piedi o cadute. Mi piace pensare, che quei bimbi di un tempo, guidati da, inconscio bisogno, siano passati a dare un saluto, a un ricordo, dal tempo sbiadito. 



domenica 8 settembre 2013

FICHI


Per qualcuno nel mondo
era una mela.
Per altri però
si trattava di un fico.
A noi mai sarà dato sapere
perché ancora non c'eravamo.
Ma quando dall'Eden
furono scacciati
con foglie di fichi
coprirono le "Vergogne"
Questo non toglie però
che sono frutti amati
e nella polpa morbida
i denti sono affondati.
Sono come le ciliege
uno ne tira un altro.
Ci sono addirittura sagre
come quella di San Terenziano
che nella splendida valle del Ceno
a cesti sono venduti.
Quindi, se qualcuno li ama
e spesso li vuole ricordare
lasciamo, che sulle labbra
ne conservi il dolce sapore.

SFUMATURE D'AMORE




Avevano camminato insieme
per campi e sentieri verdi 
sempre l'uno accanto all'altro.

Se abbaiando una corsa
a volte si concedeva
ansimando ritornava
a cercare una carezza.
Uno sguardo per capirsi
e trasmettere sincero amore.
Quelle tenere sfumature
da alcuni, non comprese.
E quando il passo stanco
l'andare non permetteva
sdraiato accanto a lui
faceva guardia e compagnia.
Poi solo una sedia bianca
rimasta accanto all'uscio.
E anche le stanze vuote.
non davano risposte.
Un peso in fondo al cuore
la speranza ad ogni arrivo
perché dentro lui sentiva
che ancora l'altro, lo chiamava.
Vana è ormai l'attesa
ma una risposta ancora cerca 
in ogni sguardo incontrato.
Avrà ancora carezze e cibo
avrà campi per fare corse
ma quel vuoto rimasto dentro
nessuno potrà colmare.

DU AMIGHE




Du amighe in po' fantasiuse
in giurnu j àn decisu de sercà
a stra che au centru da terra 

a j arisse purtà
In simma au Groppu de Varsi
ina spece de caverna j an truvà 
e sensa tantu stà a lei apensà
j en anà drentu e i sen incaminà.
J ummilavéna a strà con du lampadénne
ma j anavena pian cumme du lumaghénne.
Ogni passu i se fermavéna a parlà 
i se contavéna i ricordi da vitta passà
Cusèi ciciarandu j en rivà a scuprì
Che i stessi posti e a stessa gente j an cugnisì.
In giru ne gh'era gnente de interessante
e u zainu u cuminciava a ésse pesante.
Alura setà in simma a in sassu ben squadrà
a mangià in bon panén i sen fermà.
Quande l'urulogio u gh'à dittu
che l'era vura de turnà j an pensà
che u centru da terra u pudiva spetà.
Tantu lu ina cosa impurtante j avéna capì
che in'amicisia veira e sincera a ne po'miga finì.

sabato 7 settembre 2013

L'URTULAN



Alla matenna a bunura u partissa
con l'acqua, u su o a nebbia fissa.
U va au mercà a crompà a verdura
per el donne, che i gh'àn sempre premura.
U presemmeru per a salsa.
El sigulle per a frittà. Suchén e catalogna
per a verdura da fa lessà
El patate fritte, i piasena a grandi e picén.
Chi j à fa con l'aiju e chi con l'usmarén.
Lollo, gentilina, lattuga o scarola
du foje de insalata i se mangena vulentéra
magari anca culla, che a vé da Vughéra.
A frutta a vo sempre fresca
chi crompa in pummu, ina peira o ina pesca
e el fragule misse in ta so cesta
E doppu gh'è chi vo l'inguria a Dicembre
e el sirese a Settembre...
Eh, a fà l'urtulan ghe vo ina gran pasiensa
ma del so donne, u ne po' miga fa sensa.

venerdì 6 settembre 2013

Il fiume


 il fiume, l’acqua che scorre, il suo rumore continuo, piano piano, mi faccio trasportare...e... 
(Flavio Nespi)

Chiudi gli occhi e lascia, che il fiume accolga i tuoi pensieri, recenti e lontani. Senti? ti chiede… “Ricordi quel giorno?”. Senti? Di nu
ovo ti sta chiedendo… “Ricordi quel volto? E il sorriso, le parole?”. E allora lascia, che navighino anche loro. Mormorando, saltando di sasso in sasso. Lasciandosi cadere in cascatelle, che allegramente, formano schiuma bianca, dove pesciolini guizzano veloci. Non avere timore. Il fiume, non se li sta portando via. Adagio, abbevera radici di alberi e a loro ne fa dono. A loro, che con linfa, nel tronco, nei rami, nelle foglie come tesoro, per te li conserveranno. Conosceranno stagioni. Assopendosi sotto albeda coltre. Risvegliandosi al pizzicore dei primi raggi marzolini. Donandoti refrigerio, nei giorni d’estate. Diventando, per te, tappeto di apoptosi, con caldi colori d’autunno. Apri gli occhi ora e guardati intorno. I tuoi ricordi sono lì, accanto a te, per te, per sempre… Perché, comprendono il tuo cuore…

mercoledì 4 settembre 2013

CARPANA

Pietre
e ancora sempre pietre
incontro nel mio andare
alla ricerca, dei primi respiri.
Eccola, è qui, di fronte a me.
Vecchia, abbandonata
grigie mura, dove gli anni
dimora hanno trovato.
Non ho ricordi qui
che presto altre mura
la mia fanciullezza conobbero
Sì, pochi mesi rimasi
ma, lei mi fa capire
che mai cancellò il ricordo
del mio primo saluto alla vita.
Sfioro, con mano leggera
vecchie pietre e un uscio
che quasi più non protegge.
Non importa, anch’io ho vissuto
ma amore nel cuore, ancora conservo.
 

martedì 3 settembre 2013

CENO



Sgorgato chissà quando
dal fianco di quel monte
che ti fu padre e madre.
Con giovane irruenza ti sei precipitato
verso quel cammino ancora sconosciuto.
Ne sassi, ne rami, dossi o avallamenti
le tue acque han fermato.
Con salti e spintoni
tutto superavi e in fretta te ne andavi
verso quella meta ancora sconosciuta. .
Solo a tratti la tua corsa rallentavi.
Forse per riposare, forse perché le stelle
si potessero specchiare.
E se male hai fatto, mai fu per cattiveria
ma sempre hai compensato con generosa vita.
E grosse ruote hai mosso ora dimenticate.
Chissà se in te rimane
il ricordo dei paesi, dei boschi, dei prati
e anche dei miei occhi, dal tuo scorrere incantati.
Mormori, sussurri, canti
una melodia strana e la musica del vento
in sottofondo t’accompagna.
Ti tocco, ma non ti si può fermare.
Scivoli, t’increspi e solo un po’ di schiuma
tra le dita mi rimane.
Ti saluto o Ceno, amico mio.
Tu che mi hai visto bimba
e ora donna mi ritrovi.
A te dono il mio amore
a te che sempre sei lo stesso
e ad ogni istante ti rinnovi.