selenevalentina

lunedì 28 ottobre 2013

LA MARIA



Guardai l’orologio, mentre voltavo la pagina del calendario.
Erano le due del pomeriggio del 1 Febbraio. La primavera era ancora lontana e anche le gite in montagna.
Erano questi i miei pensieri mentre riappendevo il calendario, quando all’improvviso mi vidi davanti il viso della Maria. Era stata solo una frazione di secondo, come un flash, ma non mi spiegavo questa presenza nei miei pensieri.
La Maria era una delle prime persone, che avevo conosciuto nella mia vita. Abitava come una decina di altre famiglie, nella piccola frazione di montagna dove sono nata. poche case strette fra loro come a farsi compagnia e stare più calde nelle lunghe sere d’inverno. Viveva con il marito in una modesta casa con una scala esterna, regno incontrastato dei tanti gatti che lei amava. Insieme al marito curava la poca campagna le due mucche nella stalla e l’orto, che era il loro orgoglio e che forniva verdura fresca durante tutto l’anno. Non mancavano neppure le galline e le gabbie con i conigli. Nei giorni di festa dalle sue finestre usciva un buon profumo di brodo o di arrosto che si spandeva nei dintorni. Non avendo figli suoi coccolava quelli degli altri, più con lo sguardo che con gesti e parole. Infatti, era molto riservata, mai aveva malignità verso altri e anche quando era alla fontana a lavare i panni o a scaldare il forno, con le altre donne, per la cottura del pane, il suo atteggiamento era sempre dei più corretti. Un brutto giorno, il marito le morì all’improvviso e lei rimase sola a continuare la sua vita semplice e dignitosa. Dopo qualche anno, noi bambini, sentimmo dire dai grandi, che la Maria si era trovata un altro uomo, molto più giovane di lei e che si sarebbe sposata presto. Così fu e da quel giorno la sua vita cambiò. Al posto del solito vestire grembiuloni neri e pesanti calze di lana o cotone, a seconda della stagione, cominciò ad indossare vesti un poco più eleganti e con qualche timido accenno di colore. La parrucchiera non era molto frequentata allora, dalle donne di montagna, ma per ovviare ai capelli bianchi, li tingeva con il lucido per le scarpe. Al giovedì, giorno di mercato, andava in paese con il suo nuovo compagno, per acquistare le poche cose necessarie per la casa e che non poteva avere dall’orto o dai suoi animali. Poi siccome il suo Giovanni non disdegnava qualche bicchiere di vino, andava a recuperarlo nell’osteria e se lo riportava a casa. Durante i due km. di strada del ritorno non mancavano certo i rimbrotti per questo vizio. Se qualche volta lui si recava in paese da solo, lo aspettava con ansia, controllando spesso la strada fin dove una curva le toglieva la visuale. Al ritorno se capiva, che Bacco gli stava facendo compagnia, erano urla che uscivano dalla finestra. però in fondo si volevano un gran bene e l’unione continuava. Proprio in quel periodo, mi trasferii, con la mia famiglia, in una città a molti km. di distanza e per vari motivi per tanti anni non tornai nella piccola frazione e non ebbi neppure contatti con alcuno. Dopo una trentina d’anni, nel frattempo ero cresciuta, mi ero sposata e avevo avuto un figlio e avevo di nuovo cambiato residenza, incontrai per puro caso Lella, mia ex compagna di giochi d’infanzia. Fu per me un incontro bellissimo, le chiesi notizie di tutti i vecchi conoscenti e naturalmente anche di Maria. Lei mi spiegò che era ancora viva, nonostante i suoi novant’anni, che era ancora in gamba, sempre innamorata del marito, che però essendo stato operato alla gola e non potendo più parlare, non poteva ribattere ai rimproveri. Da quel momento nacque in me, un sentimento sconosciuto, la nostalgia. Pensavo spesso a Lella e a tutti gli altri, desideravo rivedere i luoghi che mi avevano visto bambina e così una domenica mattina, mio marito decise di accompagnarmi in questo mio tuffo nel passato. Man mano la meta si avvicinava, l’emozione aumentava e i ricordi sopiti, non dimenticati, riaffioravano tumultuosamente. Giunta fra le vecchie case, scesi dall’auto per dirigermi verso la casa di Lella ma per fare ciò dovetti passare davanti alla casa di Maria. Era seduta sulla scala esterna a scaldare le ossa al sole primaverile, con un grosso gatto accoccolato al fianco. Appena mi vide mi riconobbe, mi chiamò, mi fece sedere accanto a lei e mi tempestò di domande, mentre le sue mani nodose, tenevano strette le mie come se non volesse più lasciarmi allontanare. Da quel giorno tornai molto spesso e ogni volta, per prima cosa andavo a trovare lei. Poi per colpa di quelle pesanti pause, che la vita ti impone, per molti mesi non potei andare e non ebbi notizie. Era appunto il periodo in cui mi ero soffermata a guardare il calendario e avevo avuto il flash bak. Per fortuna anche i periodi neri hanno una fine e finalmente dopo qualche mese, in una splendida mattina di sole mi ritrovai davanti alla casa di Maria. Stranamente non la vidi come al solito seduta sulla scala esterna a godersi il sole. Pensai fosse entrata in casa e la chiamai ad alta voce ma non ottenni risposta. Salii le scale sempre chiamandola e mi vidi venire incontro il marito. chiesi dove fosse Maria, lui mi guardò con l’angoscia negli occhi, aprì la bocca e con uno sforzo enorme mi disse -E’ morta.- Poi scoppiò a piangere e le lacrime scendevano scorrendo fra le profonde rughe, come un fiume in piena che sta esondando. Cercai di farmi dire quando era successo ma dalla sua bocca uscivano solo dei suoni gutturali e incomprensibili. Lo consolai come meglio potevo, poi quando lo vidi più tranquillo andai da Lella. Lei mi confermò la triste notizia aggiungendo – Se ne è andata il primo Febbraio alle due del pomeriggio.- Sentii un brivido percorrermi tutta poi mi decisi a raccontarle quello che mi era accaduto. A lei potevo dirlo perché ha la mia stessa sensibilità e la mia stessa fede. In quel momento comprendemmo, che Maria, prima di andare in paradiso, era passata a salutarmi.

martedì 22 ottobre 2013

vOLANDo

foto di Tiziana Mercanzin



Dammi la mano amica mia
insieme ci faremo compagnia.
La giornata è lunga da passare
e qui non manca il lavorare. 
Ci sono ordini da eseguire
tante persone da ascoltare
che ti viene quasi voglia di uscire.
Insieme fino a sera resisteremo
e insieme a casa torneremo.
Se dal canale, avremo voglia di andare
qualche foto potremo scattare.
Con piccoli animali staremo in compagnia
e il tempo passeremo in allegria...

giovedì 17 ottobre 2013

ESTATE




Biondi
come spighe di grano
che il vento
a labbra dischiuse 
ondula
sono i tuoi capelli.
Rosse
come corolle di papaveri
sono
le tue labbra
schiuse
in un dolce bacio.
Blu
come petali di fiordaliso
sono
i tuoi occhi
socchiusi
alle mie carezze.
Tu 
amore mio. 
Tu
mia estate.

lunedì 14 ottobre 2013

CAMINITO

Caminito cubierto de cardos.- Sono le parole del celebre tango, che mi ritrovo a canticchiare sommessamente, imboccando lo stretto sentiero, che curva dopo curva, sale fino alla piccola cappella. Mi guardo attorno. Il panorama è meraviglioso. Non lo ricordavo così; forse allora, vedendolo continuamente, lo davo per scontato, senza fare caso ai particolari. Un gruppo di asinelli sta pascolando nel prato. Mi fermo ad osservarli e il più piccolo si avvicina guardandomi con occhi grandi e dolci. Preme il muso contro il mio fianco cercando carezze. Apro il marsupio, prendo un pacchetto di crackers ed ecco, mi sono conquistata un amico. Saliamo insieme e il pacchetto man mano si svuota. Quanti anni sono passati! Quaranta, una mezza vita. Era il 15 Agosto, quell'ultima volta. Vent'anni e una vita ancora da scoprire. C'era sagra quel giorno, che ricorda la Vergine Maria. Eravamo il solito gruppo di amici e amiche. Avevamo mangiato nel prato, dopo aver ascoltato la Santa Messa davanti ad un altare improvvisato, sotto ai grandi faggi. Avevamo riso, scherzato e cantato mentre mangiavamo il cibo portato da casa e poi c’eravamo sdraiati sull’erba, con quella voglia di far niente. Bruno, sottovoce, mi aveva invitata ad andare con lui proprio in quel sentiero, così tanto per fare una passeggiata. Lo avevo seguito perché adoravo camminare e poi volevo salutare la Madonnina, che sembrava attendere i viandanti là in alto. Il sentiero era ripido ma non per noi con gambe allenate alla montagna. Intorno alla cappellina c'era un muretto e lì c'eravamo fermati per riposare. Bruno mi aveva preso le mani e mi aveva dichiarato il suo amore, mentre un asinello ci guardava con curiosità. Mi ero lasciata baciare e il cuore aveva cominciato a fare capriole ma nonostante l'emozione provata, lo avevo allontanato. Non potevo ascoltare i sentimenti. Non allora. Il giorno dopo mi sarei trasferita in città con i miei genitori. Avevano trovato un lavoro di portierato in un prestigioso palazzo del centro, abitato da dottori, avvocati e architetti. Intorno c'era un grande giardino, che avremmo dovuto curare, oltre naturalmente alle pulizie di scale, ascensori e incombenze varie. Là, la vita sarebbe totalmente cambiata. Avrei vissuto a contatto con persone ricche e
importanti. Ero giovane e molto bella e senz'altro uno di loro si sarebbe innamorato di me, chiedendomi di sposarlo. Avrei fatto la vita da signora di città, non la vita di moglie di un fabbro di un piccolo paese nascosto fra i boschi. Naturalmente non dissi tutto questo al giovane che mi guardava con occhi innamorati. Dissi solo che non volevo impegnarmi data la prossima lontananza e poi per lui provavo solo una profonda amicizia. I suoi occhi si erano riempiti di dolore e io mi ero morsicata le labbra per non dirgli che era solo l'ambizione che mi fermava. Povera illusa! Nessun inquilino si era innamorato di me. Per loro ero solo la figlia dei portinai e i soli inviti che mi facevano erano per chiedermi se ero disposta a fare le pulizie anche nei loro appartamenti o per stirare montagne di camicie. Al quinto piano abitava un'anziana baronessa, che mi aveva presa in simpatia. Mi chiamava per farle compagnia e mi chiedeva di leggerle qualche libro, delle centinaia, che aveva nella libreria del suo studio, arredato con mobili antichi e, in stile francese. Leggendo mi ero fatta una discreta cultura e la signora mi aveva insegnato anche ad usare la macchina da scrivere. Ma era molto anziana e dopo qualche anno aveva lasciato questo mondo, tranquillamente, mentre dormiva. A funerali avvenuti, ero stata invitata nello studio dell'avvocato del terzo piano e qui avevo appreso che la baronessa mi aveva lasciato in eredità qualche parure di gioielli e una piccola somma di denaro, che su consiglio dei miei genitori, depositai in banca, per una sicurezza futura. Gli anni passavano, qualche giovane dei dintorni aveva tentato di corteggiarmi, ottenendo solo un rifiuto. Non capivo questa freddezza. Era solo perché ancora speravo in un marito ricco o era il ricordo di quell'unico bacio sotto lo sguardo di un asinello?
Ero quasi arrivata. Dopo quell’ultima curva avrei visto la cappellina e avrei potuto rilassarmi e pensare in totale solitudine. In tutti quegli anni non ero più ritornata neppure a vedere la nostra casetta giù in paese. Solo i miei genitori erano venuti un paio di volte e avevano lasciato le chiavi in custodia alla Maria, una gentile vicina, che però si era spenta da qualche mese. Dopo molti anni, i miei cari ormai anziani avevano lasciato il lavoro nel palazzo e ci
eravamo trasferiti in un grazioso appartamento acquistato con grandi sacrifici ma ben presto anche per loro era venuto il tempo di chiudere gli occhi. Io avevo trovato lavoro come commessa responsabile in un grande negozio di abbigliamento e da un mese ero andata in pensione. Erano state quindi queste circostanze a farmi decidere per quel ritorno. Volevo fare qualche foto alla vecchia casa per affidarne la vendita ad un’Agenzia Immobiliare. Certo non ne avrei ricavato molto perché dopo così tanti anni l’avrei trovata in uno stato precario, ma tanto valeva provare. C’era sempre qualche cittadino desideroso di pace e silenzio, che cercava una casa anche da ristrutturare. Eccomi finalmente, ma è un moto di stizza che provo. Seduto sul muretto c’è un uomo. Non è possibile, proprio lì doveva venire a sedersi? Comunque sono stanca e devo riposarmi, tanto vale approfittare del muretto. L’uomo al rumore dei miei passi si volta e un’espressione prima di stupore e poi di gioia, si alterna sul suo viso. Allunga le mani verso di me. “Rita! Sei proprio tu?”. “Bruno!” dico e le labbra mi tremano. Mi prende la mano e mi fa sedere. Mi sembra di rivivere la scena di quarant’anni fa, ma non è una dichiarazione d’amore, che esce dalle sue labbra, è un fiume di domande. “Sei proprio tu? Sei sempre bellissima. Raccontami tutto di te. Come mai sei ritornata?”. Parla e parla ma lo sguardo è fisso sugli anelli che ho alle dita. Sono quelli della baronessa ma non c’è nessuna fede nuziale. “Non mi sono mai sposata e tu?” “Neanch’io.” Sorride perché l’asinello si è avvicinato a cercare coccole. “Devo scendere, si fa tardi”. Ci incamminiamo. Tolgo dal marsupio un altro pacchetto di crackers e l’asinello scende con noi, fino al prato, dove raggiunge i suoi compagni. Ci voltiamo per salutarlo e scoppiamo a ridere perché ci siamo messi a canticchiare all’unisono “Caminito cubierto de cardos, che il tiempo...”. Saliamo sulle nostre auto e dopo una decina di minuti ci fermiamo davanti alla casa. Non ho il coraggio di guardarla. In quarant’anni il tempo si sarà divertito a consumarla. Scendo e rimango a bocca aperta. L’alto zoccolo intorno e lo stipite della porta sono freschi di calce. I ganci degli scuri sono nuovi, in ferro battuto. Guardo Bruno con aria interrogativa. “Mi sono permesso di fare qualche lavoretto.” “Perché non mi hai cercata, ti avrei mandato i soldi delle spese”. I suoi occhi si rattristano. “Così mi offendi. Mi spiaceva vederla rovinarsi e l’ho fatto nel tempo libero. Per me era un passatempo, non pensavo te ne avessi a male”. “No scusa, è stata la sorpresa a farmi parlare così e ti sono riconoscente di tutto questo”. Apro la porta, le stanze sono vuote. I pochi mobili erano stati regalati dai miei genitori ad una famiglia bisognosa ma, le pareti sono imbiancate. “Ho dato solo una passata di tempera” dice Bruno e poi “Ma ora che cosa hai intenzione di fare? Ritorni a vivere qui?”. “Sinceramente non lo so. Ero venuta con l’intenzione di fare foto per metterla in vendita ma ora sono piuttosto confusa e devo pensarci meglio. Devo andare, si fa tardi e ho centocinquanta Km. di strada che mi aspettano. Mi serviranno per pensare. Mi aiuteranno a prendere la decisione giusta”. Usciamo, chiudo la porta, mi avvicino all’auto e allungo la mano per salutare. Bruno la stringe forte. Ho un desiderio pazzo di abbracciarlo. Chissà se anche lui prova la stessa cosa. Faccio due passi, poi mi volto, mi alzo sulla punta dei piedi e gli do un leggerissimo bacio sulle labbra e il cuore fa un balzo da fare invidia a un canguro. Salgo in auto velocemente, metto in moto e parto. Dopo qualche metro do un piccolo colpo di clacson e nello specchietto retrovisore, vedo Bruno che mi manda un bacio con la mano.
VSM



LA FALCE


La scodella svuotata in fretta
che il campo non può aspettare.
Cote e corno agganciato in vita
sulla spalla lei, che al primo sole brilla.
Un ampio gesto, un altro, un altro ancora
e l'erba, al destino s'abbandona.
Passa a tratti, il braccio sulla fronte
il sudore abbondante, gli occhi fa bruciare.
A metà mattina, puntuale giunge lei
col mezzo vino, che disseta e lo rinfranca.
A fianco un bimbo che già collauda i passi
Appoggia il ferro a lato, fra le braccia lo solleva
indicando il lavoro, che dal padre è stato fatto.
Pregando in silenzio, che per lui ci sia di meglio.
Ora è sola, appesa al muro, niente campi da falciare.
Vede solo l'abbandono, che su tutto ormai si posa.
Ma, se per un breve sfalcio, la richiama una mano amica
felice rinvigorisce e, al sole brilla ancora.

venerdì 11 ottobre 2013

FALESIE (Per Meri Luciano… Un pensiero di Mare, per augurarti un Bellissimo compleanno.)

Là dove il vento mai conosce sosta
e sferza il mare quasi a fargli male.
Inventando un'onda che l'altra innanzi spinge
fino a frangersi contro l'alta scogliera.
S'inerpica il pensiero sopra le falesie
a scoprire fiori a lui sconosciuti.
Volge lo sguardo attorno e su ali di fenicottero
si lascia trasportare dalle correnti.
ma dall'altro lato si fa passeggero
di una bianca nave che buca l'orizzonte.
Dilemma fra libertà per sfuggire
al quotidiano che gli stringe i fianchi
Con quell’arroganza che fa male dentro.
Un'alta onda di spruzzi lo irrora
e il vento scherzoso lo solletica
facendolo ridere come non ricordava.
Si sente leggero e scende dalle falesie
l'animo pronto l'accoglie e qui s'acquieta.




giovedì 10 ottobre 2013

AUTUNNO


Silenzioso, quasi in punta di piedi
Messere Autunno è tornato.
Ti svegli un mattino e già trovi
che intorno ha cambiato colori.
Levato il verde smeraldo
ha sfumato di vivido rosso
la base di caldo giallo ocra.
E tu, che pittore non sei
con lo sguardo percorri la mostra
di opere senza banditori.
Le foglie stacca paziente
le poggia su umida terra.
Il vento ne fa girotondi
le smuove, le sposta, le incrocia
in mazurche e valzer viennesi 
e soffiando fra rami ormai spogli
fremiti di violini intona.
Svuotato il cielo di voli
azzurra, del torrente l'acqua
che la pioggia ravviva sorgenti.
Qualche ultimo grappolo d'uva
da un pergolato solitario pende.
S'accorciano i giorni e la sera
fa chiudere presto le imposte
e i bimbi diventati scolari
apprendono nuove parole.
Sui tavoli, la polenta ritorna
non più segno di povertà
ma arricchita di sughi e formaggi
pare un piatto, di alta cucina.
La luna, non teme l'autunno
la stessa strada percorre
vegliando su alberi stanchi 
che già, socchiudono gli occhi.

domenica 6 ottobre 2013

L’ORA




Pungente freddo
rende svelto il passo. 
Solitaria una foglia

piroetta davanti al viso.
Danza librata nell’aria.
Alzo lo sguardo
e scorgo l'autunno
aggrappato ad un ramo.
Inutilmente, l’ora è giunta
solitaria

VECCHIO FORNO

Foto: poesia di vita contadina



Qui, quel giorno, il camminare ti aveva portato.
Nell'aria vita di primavera. Pietre, scordate dall'uomo. La natura ne ha preso signorìa. Attorno fra sterpeti, variegati fiori. Semi, viaggiatori del vento, caparbiamente, cercano di ingentilire l'insieme. Si attenua la sensazione di oblio. Ma un sospiro alleggia, ti raggiunge, ti stupisce. Accanto un vecchio forno, che di raccontare sente urgenza. Lo ascolti, come fosse poesia, che sui banchi, da bimbo imparavi. "tante mamme ho conosciuto. Donne, che famiglie nutrivano, con credenze quasi vuote. Quelle micche grandi, rigonfie, che dorate restituivo, custodite dal mio calore. E torte di frutti di terra, patate, verze erbette,la routine di gialla polenta, cambiavano. Benedetto era quel pane, dalla dura fatica dell'uomo. Scodelle con latte da tuffarcelo e diventare colazioni e merende. Grandi fette con burro fatto in casa, divorate da bimbi,in alto nel prato del pascolo. Ma quello, che più attirava quei bimbi speranzosi, era il profumo del,marzapane, nei giorni di sagra in paese". questo, il forno racconta. In fretta per timore, che tu te ne vada. Ti prega di raccontare, di fissare parole su fogli perché altri fermino un pensiero, su un vecchio forno di pietra, che tanto solo si sente. 

giovedì 3 ottobre 2013

SERA



Ricordi
di una sera d'estate.
Nell'ora

incerta, indefinita.
Errante
ripercorre il pensiero
altre sere, altri tempi
forse
altri luoghi lasciati.
Improvviso
t'assale da dentro
che cosa?
Nostalgia, rimpianto, chissà
Incanto
della sera t'avvolge.
Tristezza
dalla mente rimossa.
Passi
e leggerezza ti prende.
Dolce
una mano, stringe la tua.

martedì 1 ottobre 2013

VECCHIA SCUOLA



"Buongiorno bambini. Diciamo la preghiera e poi, ci mettiamo al lavoro."
La scuola, ascolta le voci dei bimbi e si sente felice. Eccoli, seduti ai loro banchi, intenti a svolgere i compiti assegnati. La stanza, non è molto grande. Una lavagna, un tavolo per cattedra, una carta geografica ad una parete. Su un'altra parete,vari disegni colorati, raffigurano monti, alberi, pecore al pascolo, il sole in un cielo azzurro. Al centro dell'aula, una stufa di terracotta rossa, rilascia calore. Accanto una cassetta con qualche pezzo di legna secca, portata da casa. I bambini hanno diverse età. Si va dalla prima alla quinta elementare. La maestra gira fra i banchi, segnando con un dito, un errore sul quaderno. Accarezzando una testolina, ancora un poco assonnata. Di strada ne era stata fatta, a piedi, per raggiungere la scuola. Nelle orecchie le parole delle mamme. "Cercate di studiare molto, così da grandi, avrete una vita migliore"
Una vita migliore? Chissà cosa voleva dire. Non era forse già bella la loro? Avevano una famiglia. Amici per giocare, prati per correre, alberi, dove arrampicarsi per mangiare frutta. D'estate la libertà nei prati sul monte con le mucche e le pecore da pascolare. Che chiedere di più? Sorride la scuola. Ne ha visti passare di bambini. Chissà dove saranno ora. Ma lei li ricorda tutti con amore e vorrebbe poter risentire tutte quelle voci insieme, cantare un girotondo. Una folata di vento forte, fa sbattere un'imposta. Entra nella stanza e girando attorno, fa cadere calcinacci. La scuola, si desta d'improvviso. Era stato solo un bellissimo sogno. Da troppi anni quelle voci, sono solo nei suoi ricordi. La lavagna non c'è più. La carta geografica, cade a pezzi, logorata dal tempo. Il sole del disegno è sbiadito e il cielo ingrigito. Solo pietre fatiscenti. Sono andate via le famiglie. “Spero abbiano trovato, quella vita migliore, che desideravano”. pensa la scuola. Intorno a lei solo altre pietre cariche di ricordi. Una grande tristezza la invade, è difficile lasciarsi andare alla rassegnazione. Guarda verso il cielo e lo prega, di mandarle una nuvola, che possa piangere per lei.