selenevalentina

domenica 26 luglio 2015


 

PENSIERI NELL’ALBA

 

Nella luce tremula dell'alba

quando ancora nell'aria incerta

resta l'ultimo luccicare di stelle.

Quando la bruma disseta la terra

e lenta s'adagia, scompare

lasciando preziosi diamanti

su steli, giovani di vita.

Quando il primo filo d'oro

da il via al tessere del giorno

riempio pupille di magia di colori.

E' allora che il pensiero divaga

penetrando nei come e perché?

E' allora che cerco risposte

che la notte muta è rimasta?

Nell'alba che sempre è speranza

metto in fila alcune risposte

lasciando a un altro domani

le nuove che forma la mente.

Mi avvio, riprendo il cammino

C’è un giorno in attesa che io viva.

 

 

 

sabato 25 luglio 2015


Foto di Flavio Nespi

 

PENSIERI NELLA SERA

 

Nelle prime luci della sera

quando il cielo già socchiude gli occhi

lasci liberi i pensieri, di galoppare in ogni dove.

Senza briglie ne morso, con la criniera al vento

come anche tu vorresti fare.

Ritornano ai sogni fanciulleschi

Da delineare ancora.

Ritornano ad adolescenti sogni

rimasti alcuni inappagati.

Ritornano a quell'amore che pensavi eterno.

Lasciato scorrere come un fiume

in un alveo trascurato

per abitudine o per pigrizia.

Un giorno il fiume si è arenato

contro lo scoglio che l'onda ferma

e scioglie fiori di schiuma bianca. .

Hai trovato un nuovo greto

per fare scorrere nuove acque

senza senso di rimorsi, di rimpianti forse si.

Nelle prime luci della sera

sotto lo sguardo incerto dei tuoi figli

riporti indietro i tuoi pensieri

rimettendo morso e briglie.

Lasci che il cielo chiuda gli occhi

il domani forse, porterà risposte?

 

 

BUOI

 

Là dove nella terra affondava il vomere.

Dove lenti buoi, attraversavano campi

da una voce e una mano guidati.

Là dove l'aria di vigna profumava

e di rosso e ocra, la tavolozza si riempiva.

Dove ultimi garriti erano un arrivederci ancora.

Dove il tornare a sera a casa

era stanchezza e soddisfazione.

Dove nel cuore, era silente preghiera

di ringraziamento e aiuto chiesto.

Là dove lo sguardo, conobbe il mondo

e in fondo all'animo lo fissò.

Grato il cammino passato ripercorro

tra ricordi, sgranati lentamente.

 

Un grazie a Giovanna Boni, per avermi raccontato questo episodio.

ALPINO

 

I novanta certo, già erano passati

ma con fierezza grande, ancora

quella penna nera sul cappello si ergeva.

Sfilava con mille e mille altri alpini

e L'Aquila con gioia li accoglieva.

Un compagno con cuore generoso

spingeva adagio, le sue quattro ruote

che le stanche gambe, di reggerlo e portarlo

qquasi ormai si rifiutavano.

Più avanti un Labaro colmo di medaglie

che di eroi ce ne sono da ricordare.

Con poca voce ritrovata

a stento il desiderio fa capire.

Prontia sorreggerlo gli amici

e i bastoni poggia sull'asfalto.

Sforzo grande e sull'attenti al Labaro

Con la mano sulla fronte fa il saluto

che combattuto ha per la LIBERTA'.

Lacrime negli occhi dei presenti

di fronte a quella scena commovente.

Penso che forse troppi giovani di oggi

il significato non abbiano compreso

che è racchiuso, nella parola... LIBERTA'.

 

Un grazie a Giovanna Boni, per avermi raccontato questo episodio.

ALPINO

 

I novanta certo, già erano passati

ma con fierezza grande, ancora

quella penna nera sul cappello si ergeva.

Sfilava con mille e mille altri alpini

e L'Aquila con gioia li accoglieva.

Un compagno con cuore generoso

spingeva adagio, le sue quattro ruote

che le stanche gambe, di reggerlo e portarlo

qquasi ormai si rifiutavano.

Più avanti un Labaro colmo di medaglie

che di eroi ce ne sono da ricordare.

Con poca voce ritrovata

a stento il desiderio fa capire.

Prontia sorreggerlo gli amici

e i bastoni poggia sull'asfalto.

Sforzo grande e sull'attenti al Labaro

Con la mano sulla fronte fa il saluto

che combattuto ha per la LIBERTA'.

Lacrime negli occhi dei presenti

di fronte a quella scena commovente.

Penso che forse troppi giovani di oggi

il significato non abbiano compreso

che è racchiuso, nella parola... LIBERTA'.

 

ANNA

venerdì 24 luglio 2015


 

METTICI DEL PANE

 

C'era una volta...

Le storie, che raccontava mio padre, a me e a mia sorella, cominciavano quasi sempre, con queste parole.

 

Dunque dicevamo... C'era una volta, un ragazzo di tredici anni.

Era nato nel periodo della Prima Guerra Mondiale e conosceva bene, miseria e sacrifici. Essendo già abituato a pesanti lavori di stalla e campagna, decise di andare a lavorare sotto padrone. In tal modo, avrebbe tolto una bocca da sfamare alla sua famiglia e avrebbe guadagnato qualche soldo per contribuire al mantenimento dei fratelli minori.

Si recò quindi da un proprietario di un podere, chiedendo di essere assunto come operaio. L'uomo, gli palpò spalle e braccia e giudicandolo idoneo, lo mise immediatamente al lavoro.

Giunse l'ora del pasto. La padrona, gli mise sul tavolo, un piatto colmo di brodo, dove si intravvedevano, pochi cucchiai di riso e una manciata di fagioli. Il pensiero e lo stomaco del ragazzo, cominciarono a protestare.

La giovane fame, dopo ore di lavoro, avrebbe preteso una maggiore porzione, anche perché sul tavolo, non c'era ombra di pane. Si fece coraggio e azzardò

Padrona, la minestra scotta.

Soffiaci!

Fu la gelida risposta della donna.

Mmmmmm, disse sottovoce. Credo che tu non sarai la mia padrona.

Mangiò, con cuore stretto pensando, che se le cose non fossero cambiate, se ne sarebbe andato a cercare lavoro altrove.

Le cose non cambiarono. Dopo qualche giorno si licenziò e con i pochi centesimi avuti, si comperò una micca di pane. In questo modo, gli era impossibile aiutare la famiglia. Cambiò paese e cambiò padrone. Dopo la stessa procedura, fu messo al lavoro, fino al giungere dell'ora del pasto.

Guardò speranzoso il piatto, che gli veniva posto davanti e sentì il cuore e lo stomaco farsi piccoli piccoli. Piatto colmo di brodo. Poche tagliatelle e qualche pezzetto di patata. Pane? Neppure l'ombra.

Sospirò e ancora una volta azzardò.

Padrona, la minestra scotta.

Soffiaci!

Fu la risposta già sentita in altra casa.

Mmmmmm, penso che anche tu, non sarai la mia padrona.

Ancora una volta, la fame vinse sulla ragione e se ne andò, in cerca di altra fortuna. La trovò in un altro paese, dopo aver camminato a lungo. Anche qui, fu messo immediatamente, all'opera,fino a quando giunse, la tanta attesa ora del pranzo. Gli fu portato un piatto di minestra, che piacque abbastanza. Certo, nel frattempo, la sua fame di tredicenne, non si era per nulla affievolita. Si fece coraggio e azzardò.

Padrona, la minestra scotta.

Mettici del pane.

Disse la padrona,mentre gliene portava una bella fetta.

Il cuore e lo stomaco, si allargarono per la felicità.

Mettici del pane. Ecco le parole magiche che aspettava.

Bene!, pensò, tu sì, che sarai la mia padrona.

Mangiò di gusto e divenne un lavoratore instancabile

Non so se la storia, fosse vera o inventata. Rispecchiava comunque, la triste realtà di quel dopo guerra.

Lascio a voi le riflessioni. A me basta dire...

Grazie papà.