I RACCONTI NEL CORTILE (racconti per filoss antichi)
Si stava bene nel cortile fra le case, nei pomeriggi primaverili.
Sedevano su basse panche le vecchie, lavorando vimini, raccolti al
mattino presto, nel greto del torrente. Toglievano prima la scorza
usando un attrezzo, che nel dialetto veniva chiamato, sgurbia.
Guardavamo affascinati, noi bambini, quelle dita magre e avvizzite, che
si muovevano agili con quei sottili rami, umidi di linfa, intrecciandoli
e trasformandoli in canestri e cesti di diverse misure. Li avrebbero
poi venduti al giovedì mattina, nel mercato del paese. Ci guardavano
sorridendo, con sorrisi vuoti e occhi infossati. Sapevano che stavamo
aspettando i loro racconti, e a turno Cominciavano. Ma quando
raccontavano la storia della ragazza e del diavolo, prima di cominciare,
si facevano il segno di croce e ci invitavano a fare altrettanto…..”
Era una ragazza bella, che in un pomeriggio di festa, era andata in
paese con le amiche. C’era la fiera e su una pista di legno si poteva
ballare al suono di una fisarmonica e di una chitarra. Non le mancavano
certo i pretendenti e aveva ballato a lungo, con i ragazzi del paese,
amici di sempre. Si stava riposando, seduta su una panca, quando un
giovanotto sconosciuto, le chiese il permesso di accomodarsi accanto.
Era bello, con modi gentili e uno sguardo affascinante. Si presentò con
il solo nome e aggiunse che non poteva invitarla a ballare perché a
causa di un recente incidente aveva qualche difficoltà nel muovere i
piedi. Le disse che veniva da una città abbastanza lontana e cominciò a
parlare della vita comoda che vi si conduceva. Le case erano belle, con
grandi comodità come l’acqua calda corrente in cucina e in bagno. Non
c’erano certo i gabinetti nel cortile come in quel piccolo paese. Vi
erano negozi illuminati con la luce elettrica e nelle vetrine erano
esposti abiti che avrebbero fatto la felicità di qualunque donna e
certamente sarebbero stati perfetti, anche indossati da lei.
Chiacchierarono a lungo e la ragazza pendeva dalle sue labbra. Quando le
amiche la chiamarono per fare ritorno a casa, si riscosse come se
uscisse da un sogno. L’uomo le chiese il permesso di andare a farle
visita a casa, dopo qualche giorno e lei accettò, quasi senza renderse
ne conto. Raccontò tutto alla madre, che restò perplessa. Il suo istinto
le diceva di non fidarsi ma aspettò ad esprimersi perché prima era
giusto conoscerlo. Dopo qualche giorno, la sera era già scesa e le due
donne, che vivevano sole, dopo il recente lutto che le aveva private del
marito e padre, avevano già consumato una cena frugale, sentirono
bussare alla porta. La madre stava lavorando a maglia e quindi fu la
ragazza che si alzò per andare ad aprire. Si trovò di fronte al giovane
di città, che chiese il permesso di entrare. Lo fece acomodare e lui
salutò educatamente la padrona di casa, dicendole di non alzarsi e le
porse una scatola di dolci. La donna ringraziò ma nel prendere il dono,
sentì un brivido di paura. Cercò di rimanere tranquilla per poter
giudicare lucidamente l’ospite. Si era seduto sulla panca vicino alla
ragazza e parlava incessantemente. La stanza era illuminata solo da una
candela e quindi non era possibile vederlo bene in volto anche perché si
era seduto i modo da avere la luce alle spalle e non aveva mai cambiato
posizione. Se ne stava fermo e con i piedi sotto alla panca. Dopo un
paio di ore si accomiatò, scusandosi anche con la signora per il suo
modo strano di camminare ma disse che presto si sarebbe ripreso e
promise, se aveva il loro permesso, di tornare. La ragazza lo accompagnò
alla porta e sedutasi di nuovo accanto alla madre, cominciò a tessere
le lodi di quel nuovo amico. Per risposta ebbe solo dei dubbi che però
purtroppo, la lasciarono indifferente. Le visite si ripeterono, sempre
alla sera, sempre con doni e anche con lo stesso modo di stare seduto.
La giovane, totalmente presa da questo amore, parlava ormai solo di come
sarebbe stata favolosa la vita che le prometteva l’uomo, nella grande
città. La madre non riconosceva più la dolce, assennata figlia e i suoi
tentativi di farla rifletter erano giudicati come invidia. Una sera,
durante una delle solite visite, la madre era intenta come sempre, nel
lavoro a maglia, quando, un gomitolo le cadde a terra e lei si chinò per
raccoglierlo. Nel fare ciò, guardò sotto la panca, dove teneva i piedi
l’ospite e quello che vide le gelò il sangue. Non erano piedi quelli che
vedeva ma zoccoli. Con uno sforzo immane, mantenne la calma e con una
scusa si alzò e andò nella camera da letto. Il giovane cercò di
approfittare di quell’attimo per carpire il primo bacio alla ragazza ma
non ne ebbe il tempo perché la donna rientrò. Si avvicinò sorridendo
all’uomo dicendogli di guardare che cosa avevano regalato alla figlia.
Lui allungò la mano e lei vi pose sopra la coroncina benedetta, ricordo
della Prima Comunione. La coroncina sfiorò appena la mano tesa e la
stanza fu invasa da un gran fumo e l’uomo si dissolse urlando e gemendo.
La ragazza non capiva cosa fosse successo, tremava come una foglia e
sembrava appena uscita da un tremendo incubo notturno. Quando, dopo
essersi calmata, ascoltando le spiegazioni, si rese conto, che il
giovane altri non era che il demonio, che cercava di rubarle l’anima. Si
buttò tra le braccia della mamma, ringraziandola di averla salvata e
scusandosi di non averla ascoltata prima. Il giorno seguente,
raccontarono il fatto al parroco, che diede a loro e alla casa una
speciale benedizione. Nella giovane ritornò la serenità ma quella
coroncina rimase sempre accanto a lei”.
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