selenevalentina

giovedì 12 luglio 2012

WENDY



C'era una volta... No, no, assolutamente no. Non, c'era una volta perché io ci sono ancora. Non sono la protagonista di una fiaba ma, sono la protagonista di una storia vera. Mi chiamo Wendy e sono una bellissima (scusate l'immodestia, ma io mi vedo così) puledrina. Sono nata in un giorno di sole e dopo un periodo vissuta in un luogo scuro e caldo, mi sono ritrovata sdraiata in mezzo all’erba. Una grossa lingua mi leccava tutta. Ho aperto gli occhi e ho compreso che la presenza, che mi stava coccolando era la mia mamma. Mi sono rilassata mentre un senso di felicità mi pervadeva ma, la mamma cominciò a spingermi con il muso, invitandomi ad alzarmi. Da brava cercai di ubbidire ma vi giuro, che non fu per niente facile obbligare le mie quattro zampe a restare diritte e in fatti mi ritrovai, ancora una volta sdraiata in mezzo all’erba. Poi dopo vari tentativi riuscii ad avvicinarmi ad un profumo invitante e cominciai a succhiare un buon latte, che riempiva il vuoto che avevo nello stomaco. Lo sforzo era stato grande e crollai di nuovo a terra dove feci un lungo sonno ristoratore. Al risveglio, la mamma mi offrì ancora un buon pasto e fu così per diversi giorni. Mi stavo rinforzando sempre più. Ora riuscivo a girare intorno a lei e a guardare ciò che mi circondava. Vivevamo, con un grande gruppo di cavalli in un immenso prato, di cui non riuscivo a vedere la fine. Avevo il pelo bianco come quello del mio papà e gli occhi azzurri, come quelli della mamma. Crescendo cominciai a fare amicizia con altri puledrini e insieme tentavamo di fare qualche breve corsa, sotto l’occhio vigile degli adulti. Io mi incantavo a vedere quest’ultimi, quando partivano al galoppo verso un punto lontano del prato. Diventavano sempre più piccoli fino a scomparire ma dopo un poco riapparivano e lanciavano forti nitriti di gioia. Dicevo che anch’io avrei voluto andare ma, la mamma mi sconsigliava dato, che ero ancora troppo piccola, e le mie zampe si sarebbero stancate in fretta. Non dovevo poi dimenticare, che in lontananza, verso le montagne, vivevano i lupi e sarebbero stati un gravissimo pericolo, nel caso mi fossi ritrovata sola. Vi garantisco che ascoltavo le raccomandazioni ma la tentazione di una corsa nel vento mi assillava sempre più. Era passata qualche settimana e diventavo robusta. Avevo provato ad assaggiare anche un po’ di erba ma per il momento preferivo ancora il latte. Quel giorno era nato un nuovo puledrino ed erano tutti molto intenti ad ammirarlo, così l’attenzione delle madri era attenuata. Perché dunque non approfittarne? Gironzolai un poco intorno, cercando di non dare nell’occhio e allontanarmi dal gruppo. Quando reputai fosse giunto il momento giusto mi lanciai al galoppo verso quel punto indefinito. Era meraviglioso, Sentivo il vento che mi accarezzava. Rimpiangevo solo di non avere una criniera lunga come quella di papà, che quando correva si apriva a ventaglio ma la sensazione era comunque esaltante. Galoppai e galoppai fino a quando il prato finì e davanti a me si aprì un panorama diverso. Il terreno saliva in un leggero declivio, che si faceva sempre più erto e al posto dell’erba c’erano pietre e rocce. Gli alberi erano grandi, circondati da cespugli pieni di spine. La cosa non mi piacque e decisi, che era giunto il momento di ritornare. Mi voltai ma davanti scorsi solo un bianco impenetrabile muro di nebbia. Da che parte era il punto da dove ero partita? Cercai di non farmi prendere dal panico. Forse salendo un pochino avrei potuto vedere più lontano. Feci così ma nel frattempo era cominciata una pioggia sottile ma insistente che rendeva le pietre scivolose e le mie giovani zampe erano ormai veramente stanche. Procedendo adagio mi rifugiai sotto ad un albero con la chioma grande e folta e questo mi tranquillizzò un pochino. Dovevo solo aspettare. La pioggia sarebbe cessata, la nebbia si sarebbe dissolta e io sarei tornata dalla mamma anche perché la fame cominciava ad essere prepotente e il mio stomaco brontolava, come se stesse rimproverandomi. Il tempo passava ed io credo di essermi addormentata perché, riaprendo gli occhi, mi accorsi che si era fatta notte. Non pioveva più ma la nebbia era ancora lì, compatta e impenetrabile. Non potevo certo muovermi e poi quelle pietre scivolose erano un pericolo. Ora la fame era veramente grande ma lo era ancora di più la paura. Non mi era mai capitato di trovarmi da sola e per di più in un luogo sconosciuto. I miei guai però, non erano ancora terminati perché all’improvviso sentii un ululato, che si faceva sempre più vicino. Che fare? Fuggire era impensabile. Mi voltai e vidi a poca distanza gli occhi lucidi di un lupo che mi fissava. Presa dalla disperazione cominciai a nitrire più forte che potevo e nel frattempo battevo forte gli zoccoli sulle pietre. Il lupo mi guardò per un minuto, poi se ne andò. Non saprò mai, se lo avevo spaventato o se non aveva fame. Mi appoggiai al tronco dell’albero perché mi sentivo mancare la forza. La notte mi sembrò interminabile anche perché stavo bene attenta a non addormentarmi. Finalmente il mattino cominciò a rischiarare il panorama e la nebbia se ne andò scacciata dal vento e dai primi caldi raggi. Ora potevo scendere da quel luogo infelice. Stando attenta al terreno ancora scivoloso giunsi finalmente nel prato. Cercai di orizzontarmi per tornare, quando sentii in lontananza dei nitriti. Erano la mamma, il papà e tutti gli altri, che erano venuti a cercarmi. I rimproveri non ve li racconto perché ve li potete immaginare ma, quando la mamma mi permise di prendere il suo latte, mi ripromisi che non avrei mai più fatto una cosa simile. Sono passati due anni. Ora sono una giovane puledra e la mia mamma mi ha appena regalato un fratellino. Ha il pelo scuro e gli occhi azzurri ed è bellissimo. Io sono diventata la sua guardiana e appena capirà, gli racconterò la mia tremenda avventura perché, gli serva da monito. A proposito, la mia criniera si sta allungando e quando galoppo si apre a ventaglio, come quella di papà e credetemi, è meraviglioso.

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