WENDY
C'era una volta... No, no, assolutamente no. Non, c'era una volta
perché io ci sono ancora. Non sono la protagonista di una fiaba ma, sono
la protagonista di una storia vera. Mi chiamo Wendy e sono una
bellissima (scusate l'immodestia, ma io mi vedo così) puledrina. Sono
nata in un giorno di sole e dopo un periodo vissuta in un luogo scuro e
caldo, mi sono ritrovata sdraiata in mezzo all’erba. Una grossa lingua
mi leccava tutta. Ho aperto gli occhi e ho compreso che la presenza, che
mi stava coccolando era la mia mamma. Mi sono rilassata mentre un senso
di felicità mi pervadeva ma, la mamma cominciò a spingermi con il muso,
invitandomi ad alzarmi. Da brava cercai di ubbidire ma vi giuro, che
non fu per niente facile obbligare le mie quattro zampe a restare
diritte e in fatti mi ritrovai, ancora una volta sdraiata in mezzo
all’erba. Poi dopo vari tentativi riuscii ad avvicinarmi ad un profumo
invitante e cominciai a succhiare un buon latte, che riempiva il vuoto
che avevo nello stomaco. Lo sforzo era stato grande e crollai di nuovo a
terra dove feci un lungo sonno ristoratore. Al risveglio, la mamma mi
offrì ancora un buon pasto e fu così per diversi giorni. Mi stavo
rinforzando sempre più. Ora riuscivo a girare intorno a lei e a guardare
ciò che mi circondava. Vivevamo, con un grande gruppo di cavalli in un
immenso prato, di cui non riuscivo a vedere la fine. Avevo il pelo
bianco come quello del mio papà e gli occhi azzurri, come quelli della
mamma. Crescendo cominciai a fare amicizia con altri puledrini e insieme
tentavamo di fare qualche breve corsa, sotto l’occhio vigile degli
adulti. Io mi incantavo a vedere quest’ultimi, quando partivano al
galoppo verso un punto lontano del prato. Diventavano sempre più piccoli
fino a scomparire ma dopo un poco riapparivano e lanciavano forti
nitriti di gioia. Dicevo che anch’io avrei voluto andare ma, la mamma mi
sconsigliava dato, che ero ancora troppo piccola, e le mie zampe si
sarebbero stancate in fretta. Non dovevo poi dimenticare, che in
lontananza, verso le montagne, vivevano i lupi e sarebbero stati un
gravissimo pericolo, nel caso mi fossi ritrovata sola. Vi garantisco che
ascoltavo le raccomandazioni ma la tentazione di una corsa nel vento mi
assillava sempre più. Era passata qualche settimana e diventavo
robusta. Avevo provato ad assaggiare anche un po’ di erba ma per il
momento preferivo ancora il latte. Quel giorno era nato un nuovo
puledrino ed erano tutti molto intenti ad ammirarlo, così l’attenzione
delle madri era attenuata. Perché dunque non approfittarne? Gironzolai
un poco intorno, cercando di non dare nell’occhio e allontanarmi dal
gruppo. Quando reputai fosse giunto il momento giusto mi lanciai al
galoppo verso quel punto indefinito. Era meraviglioso, Sentivo il vento
che mi accarezzava. Rimpiangevo solo di non avere una criniera lunga
come quella di papà, che quando correva si apriva a ventaglio ma la
sensazione era comunque esaltante. Galoppai e galoppai fino a quando il
prato finì e davanti a me si aprì un panorama diverso. Il terreno saliva
in un leggero declivio, che si faceva sempre più erto e al posto
dell’erba c’erano pietre e rocce. Gli alberi erano grandi, circondati da
cespugli pieni di spine. La cosa non mi piacque e decisi, che era
giunto il momento di ritornare. Mi voltai ma davanti scorsi solo un
bianco impenetrabile muro di nebbia. Da che parte era il punto da dove
ero partita? Cercai di non farmi prendere dal panico. Forse salendo un
pochino avrei potuto vedere più lontano. Feci così ma nel frattempo era
cominciata una pioggia sottile ma insistente che rendeva le pietre
scivolose e le mie giovani zampe erano ormai veramente stanche.
Procedendo adagio mi rifugiai sotto ad un albero con la chioma grande e
folta e questo mi tranquillizzò un pochino. Dovevo solo aspettare. La
pioggia sarebbe cessata, la nebbia si sarebbe dissolta e io sarei
tornata dalla mamma anche perché la fame cominciava ad essere prepotente
e il mio stomaco brontolava, come se stesse rimproverandomi. Il tempo
passava ed io credo di essermi addormentata perché, riaprendo gli occhi,
mi accorsi che si era fatta notte. Non pioveva più ma la nebbia era
ancora lì, compatta e impenetrabile. Non potevo certo muovermi e poi
quelle pietre scivolose erano un pericolo. Ora la fame era veramente
grande ma lo era ancora di più la paura. Non mi era mai capitato di
trovarmi da sola e per di più in un luogo sconosciuto. I miei guai però,
non erano ancora terminati perché all’improvviso sentii un ululato, che
si faceva sempre più vicino. Che fare? Fuggire era impensabile. Mi
voltai e vidi a poca distanza gli occhi lucidi di un lupo che mi
fissava. Presa dalla disperazione cominciai a nitrire più forte che
potevo e nel frattempo battevo forte gli zoccoli sulle pietre. Il lupo
mi guardò per un minuto, poi se ne andò. Non saprò mai, se lo avevo
spaventato o se non aveva fame. Mi appoggiai al tronco dell’albero
perché mi sentivo mancare la forza. La notte mi sembrò interminabile
anche perché stavo bene attenta a non addormentarmi. Finalmente il
mattino cominciò a rischiarare il panorama e la nebbia se ne andò
scacciata dal vento e dai primi caldi raggi. Ora potevo scendere da quel
luogo infelice. Stando attenta al terreno ancora scivoloso giunsi
finalmente nel prato. Cercai di orizzontarmi per tornare, quando sentii
in lontananza dei nitriti. Erano la mamma, il papà e tutti gli altri,
che erano venuti a cercarmi. I rimproveri non ve li racconto perché ve
li potete immaginare ma, quando la mamma mi permise di prendere il suo
latte, mi ripromisi che non avrei mai più fatto una cosa simile. Sono
passati due anni. Ora sono una giovane puledra e la mia mamma mi ha
appena regalato un fratellino. Ha il pelo scuro e gli occhi azzurri ed è
bellissimo. Io sono diventata la sua guardiana e appena capirà, gli
racconterò la mia tremenda avventura perché, gli serva da monito. A
proposito, la mia criniera si sta allungando e quando galoppo si apre a
ventaglio, come quella di papà e credetemi, è meraviglioso.
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