selenevalentina

mercoledì 28 settembre 2011

A RUSINA (Per tutte le, Rosine, che hanno conosciuto la guerra.)

L'era setà denansi a ina fenestra
e l'era adré a da du ponti a na vesta
A senta in pensieru che u riva pian pian
te ricordi Rusina quande te vardavi lontan?
T'eri na fjora zuvena e bella
e in t i oci te gh'avi na stella.
Te desideravi in marì e anca di fijò
e intantu te chisivi tuvaje e lensò.
Ma se sa che u desten l'è sensa pietà
e del vote u contenta sultantu a metà.
Te ghe l'avi in amure ma doppu u t'à lassà
-DISPERSO IN RUSSIA-
i t àn annuncià. Ma dispersu l'è na parola
che te n'è mai vurì capì
u t'ava fattu del prumisse prima de partì.
U t'ava dattu in anellu e anca mo tu porti
anca se i didi j en gonfi e storti.
A in atru amure te ne gh'è mai pensà
in tu to co sultanti lu u gh'è restà.
El tuvaje e i lensò ti j'è regalà
e el nevude contente i t'àn ringrasià.
E adessa te lei, denansi alla fenestra
e te continui a da di ponti alla vesta.
Ma in raggiu de su u te varda
e pian pian u te fa na caressa.
Lu l'à capì du to co a belessa.




Traduzione della lirica di Valentina "Rusina"
(per chi non conosce il dialetto bardigiano)

Era seduta davanti a una finestra
e stava dando due punti a una veste:
Senti un pensiero che arriva pia piano:
ti ricordi Rosina quando guardavi lontano?
Era una ragazza giovane e bella
e nei tuoi occhi avevi una stella.
Desideravi un marito e dei figli
e intanto cucivi tovaglie e lenzuola.
Ma si sa che il destino è senza pietà
e a volte accontenta soltanto a metà.
Tu avevi un amore ma dopo ti ha lasciata
- DISPERSO IN RUSSIA -
ti hanno comunicato. Ma "disperso" è una parola
che non hai mai voluto capire.
Ti aveva fatto delle promesse prima di partire.
Ti aveva dato un anello e ancora lo porti
anche se le dita sono gonfie e storte.
A un altro amore non hai mai pensato
nel tuo cuore solo lui è rimasto.
E tovaglie e lenzuola hai regalato
e le nipoti contente ti hanno ringraziata.
E adesso sei lì davanti alla finestra
continui a dare dei punti alla veste.
Ma un raggio di sole ti guarda
e pian piano ti fa una carezza.
Lui ha capito del tuo cuore la bellezza.

martedì 27 settembre 2011

Sorriso antico


E' in quel sorriso e in quello sguardo, che ci puoi leggere una vita intera e certo anche lo stupore di poterla raccontare a persone sconosciute ma attente.

SOGNO

imagine di Angela Corfini


Chiudere gli occhi e adagiarsi là
dove mare e cielo si incontrano
per sfuggire alla crudele realtà.
Adagiarsi dove il rosso bagliore
si ferma e ti si addormenta vicino.
E in lontananza guardare i gabbiani
che con agile leggero volo
trapuntano di bianchi arabeschi
l’intenso blu del mare.

venerdì 23 settembre 2011

AUTUNNO

Già i coltivi appena smossi
trattengono semi.
Già il cielo è privo
di voli bianco neri.
Già il sole presto s'addormenta
S'allungano le ombre e nelle case
cresce l'intimità intorno al desco.
Ripetere poi ancora di studiato
che la notte nella mente fisserà.
S'affanna meticoloso il vento
a staccare foglie dai rami.
Sono brevi le passeggiate
di chi ormai ha gambe stanche
e notti lunghe e insonni
per sgranare il passato
Solo un “angelo di Dio
che proteggi i miei figlioli.”
sussurato a mezza voce
fa rilassare adagio mani
incrociate sopra il petto.

giovedì 22 settembre 2011

Il degradare dei colori della sera....

Il degradare dei colori della sera induce a riflessioni... A volte infonde quella dolcezza, quel romanticismo, che fa battere forte il cuore... A volte da quiete nei pensieri... A volte fa pensare al lento defluire della vita... Ma c'è sempre un punto luminoso, che da la speranza di una fine... non infinita.

martedì 20 settembre 2011

GELOSIA


lei era là
languidamente distesa
sul soffice prato alpestre.
La guardò e vide il sole
su di lei. Avvolgeva caldo
le lunghe gambe tornite
il ventre e le braccia.
Ne fu geloso ma lei
aveva gli occhi chiusi
forse per non mostrare
l’intenso piacere.
Poi il vento scompigliò
i lunghi capelli neri
sparsi sull’erba
e tutta la accarezzò.
Lo sentì mormorare
sconosciute frasi
e ne fu geloso. Ma lei
aveva gli occhi chiusi
e le braccia morbide
ancor più s’abbandonarono.
La terra calda accoglieva
come dolce alcova
il corpo abbandonato.
E ancora ne fu geloso.
Avrebbe voluto essere
sole, vento,terra, per farla sua.
Poi lei aprì gli occhi
e lo guardò con amore.
Con gioia si tuffò
in quei laghi verdi accoglienti
e finalmente la sentì….sua.

Guarda o bimba


Guarda o bimba, con gli occhi sgranati... Innanzi a te un futuro ancora sconosciuto... Resta sorriso, sulle sue labbra... Fuggi malinconia, dagli occhi profondi... Sorgi mattino, non resti solo un sogno... Dove nel mondo... nessuno possa ancora... sentirsi chiamare... straniero. 

sabato 17 settembre 2011

RIFLESSIONI GUARDANDO IL MARE

Guardare il mare dagli scogli... 
Perdersi nell'infinità dell'orizzonte... 
Nella precarietà di piccole barche... nella fragilità di bianche vele...
Con la consapevolezza, di un faro che ti guida.

venerdì 16 settembre 2011

VITALBA


Ancora di vitalba coperto
su crepe ormai devastanti
appare il muretto del cortile
nel caldo meriggio estivo.
Integra la quiete intorno.
Nessuno fa la conta cercando
di guardare sottecchi.
Nessuno grida "tana libera tutti."
Mi volgo a un improvviso cigolio.
E' solo il vento che si diverte
a dondolare una vecchia imposta.
Eppure un viso m'era parso di vedere
quello di chi leggende ci raccontava
ma è solo un'ombra, una nube che passa
e un luccichio di un vetro infranto.
M'invita a una sosta una panca di sasso
appena fuori da un uscio accostato.
Mi spinge ad entrare una voce nella mente.
Mi fermo per penetrare la semioscurità.
Pochi mobili che il tempo sta mangiando.
non più scintille che salgono nel camino.
Su una poltrona di vimini cadenti
qualcosa di bianco attira il mio sguardo.
Sono i grani di un sottile rosario
che chi è andato non ha portato con se.
Nessuno è tornato a riprenderlo
e con Maria sovente pregavo.
Esco chiudendo l’uscio sulle memorie
rinfresca l’aria nel tramonto incipiente.
non c'è più rimpianto ne nostalgia.
Mi allontano e la coroncina nella mano
mi regala un calore che sale al cuore.

giovedì 15 settembre 2011

L’ANGELO DI CARTONE


Era bimba ancora e davanti alla vetrina
si fermava a guardare un angioletto biondo.
Non osava chiederlo, perché sapeva
che solo pane e miseria poteva avere.
Da un cartoncino trovato per caso
aveva ritagliato un piccolo angioletto
era biondo solo nei pensieri
perché i colori erano per i signori.
A lui confidava i sogni e la speranza
di poter mangiare pane e marmellata
e comperare l’angelo nella vetrina.
Gli anni son passati e la volontà
sempre la spinta ad andare avanti.
Ora sul suo tavolo
il pane ha sempre compagnia
ma non ha mai comprato angioletti biondi.
per non far torto al suo angelo di cartone.
Ancora lo conserva in un suo libro di poesie
è consunto, il tempo l’ha segnato
e lei lo sfiora soltanto col pensiero
ma rimane sempre, il suo angelo preferito.

mercoledì 14 settembre 2011



Avidamente assorbe il mare, gli ultimi raggi d'estate... Perché un clic li possa fermare... Per goderne ancora, per non dimenticare.

martedì 13 settembre 2011

NEL PARCO



Nel parco d'autunno
solitario siede l’anziano.
Sulla panchina un poco scolorita
Tappeto di foglie secche.
Nuance calde a ricordo
di giorni più lunghi.
Lo guarda scorrere avanti
come fiume spinto dal vento.
D'improvviso preme un pensiero.
Avrà una famiglia
che a casa l'attende
o solo un piatto sarà sul suo desco?
Avrà chi l'ascolta
o vuote saranno le sere?
Ma perché soggiacere
a questi inutili dubbi.
Perché non può essere
che sereno vuole godersi
la bellezza di tanti colori
nel parco d'autunno?

PRIME RIFLESSIONI AUTUNNALI

Valentina ha scritto:
L'estate sta finendo... Già e non è, che stai parafrasando il titolo di una canzone. Il Fatto è che d'improvviso, coscientemente, ti ritrovi a pensare, che anche ... un'altra... estate sta volgendo alla fine. Hai già visto terminare quella di altri ma ora tocca a te è il tuo turno. La luce si fa più fioca, di giorno, in giorno. I colori sbiadiscono e il tramonto per il calare delle forze è sempre più prossimo. Un raggio di sole filtra, fra i rami dell'albero di fronte alla finestra e disegna sul pavimento, trame di foglie. Foglie d'autunno sbocconcellate dal tempo. Eh si! il tempo si diverte a sbocconcellare ogni cosa. Ma anche l'autunno può avere colori caldi e frutti dolci. Basta cercarli... E poi ascolta, dalla radio escono le note di sostakovic. Quel valzer, che sempre ti emoziona e ti porta ricordi. Il primo successo, non lo si può dimenticare. Trilla il telefono... E' l'amica del cuore. Dopo tutto non sei sola a vivere l'autunno. E poi non era proprio malinconia... Era solo una riflessione.

Pino Bertorelli ha scrittto:
Valentina, quanta verità nella tua gradevolissima "prosa poetica"!!! Davvero me la sono gustata! Tu dai voce... ai miei pensieri, la tua riflessione è... la mia: l'autunno, sinonimo (per molti) di malinconia, non è così!!! "I colori caldi e i frutti dolci... basta cercarli" e si trovano, eccome!!!

Patrizia Feltrin (Feltrizia) ha scritto:
gocce di poesia che inumidiscono la carta, ondulano il foglio piatto, e danno voce alla neniai del ritorno. Lungo... breve, il tempo è un dettaglio. Dura un attimo.In quell'attimo ci sono io,ci sei tu, ci siamo noi nella musica della vita c...he ci fa danzare. Ritmi frenetici o ritmi lenti o ritmi zoppi e ridendoci addosso spacchiamo il mondo finchè il mondo non spacca noi. Ma comunque abbiamo vinto... siamo dove vogliamo essere... comunque ... con mille mani pronte o fors'anche solo un cellulare che suona: "come sta? e una voce ti ricarica... e non è la compagnia telefonica...


domenica 11 settembre 2011

TWINS TOWERS


-Sai, avresti dovuto vederle.-
Dirà qualcuno, un domani nel futuro.
Avresti dovuto vederle
... spiccavano alte e avveniristiche
da lontano le scorgevi in controluce
Simboli di potenza, ricchezza
e avanzata tecnologia mondiale.
All’interno, vite s’intrecciavano
storie di benessere e sofferenze
persone con nomi sconosciuti.
Poi arrivò un - 11 - numeri gemelli
gemelli come le grandi torri.
E come in un presagio d’Apocalisse
ferrigne cavallette rombanti
sequestrate da odio razziale
inculcato da ataviche ostilità
scrissero in pochi, fulminei istanti
la parola –MORTE-.
Resteranno i filmati,le foto, i ricordi
resteranno i pianti, l’incredulità.
Resterà una piazza per poter pregare
perché un giorno, intorno all’Equatore
sia avvolta una bianca cintura
dove, in rosso, sia impressa all’infinito
la parola…. PACE.

sabato 10 settembre 2011

PURA FELICITA’



Dammi la mano e vieni con me
ti condurrò là sul sentiero
dove ipassi sono resi silenziosi
dalla scura sofficità del muschio.
Dammi la mano e vieni con me
ti condurrò là dove al mattino
ammireremo AURORA
che precedendo il carro del sole
cancella adagio le oscurità
mostrandoci le valli profonde.
Là dove lo sguardo e il pensiero
si perdono inconsci oltre
le boscose sinuosità dell’orizzonte.
Dammi la mano e vieni con me
insieme aspetteremo la notte
per ascoltare rapiti nel silenzio
le tremule voci delle stelle
e il sussurrare sommesso degli angeli.
Vieni con me e dammi la mano
ti condurrò là dove finalmente
potremo godere la pura felicità
che solo la natura sa donare.
 E giunge la notte. Il sole se ne va. Qualche guizzo di un ultimo raggio. Il blu si fa scuro. L'immaginario clik di stelle che s'accendono. Irrompe la via lattea e giunge lei, regina della notte, che lentamente s'incammina. E' l'attimo giusto, per lasciarsi scivolare in un sogno.

PASSEGGIATA ALLA CROSA



Se me mettu d’impegnua fa lavurà a fantasia
possu dì che in ta Crosa ghe s'era anca mei in compagnia
e con piasèi ho bevì l'acqua fresca da sursia.
D'incontrà in luvu ne gh'ava miga propriu pavura
perché insemme a j amisi me sentiva sicura.
Me son rilassà lontan da sagre e gente
in t in postu cusei ne gh'è miga bisognu de gnente.
Con j oci serà arenta a l'acqua me son setà
e me para che quarche don ina storia u m'abbia contà
Se tevé voja de vegne chei a girà
ricordete sempre che a natura a va rispettà
e che a Crosa du Dossu a va conservà.

HO CHIUSO LA PORTA



Sentì bussare alla porta una mattina
dopo un’altra notte lunga e insonne
davanti alla finestra aperta a cercare ossigeno
per i polmoni chiusi e irritati.
A immaginare stelle che sono nei ricordi.
A chiedersi il perché di quel nemico
Che il suo compagno aveva colpito.
A cercare un po’di quiete per la mente
colma di pensieri e preoccupazioni.
Il bussare era forte, insistente
e andò ad aprire per guardare chi c’era.
D’improvviso se la trovò davanti
vestita tutta di grigio scuro.
Aveva lo sguardo cupo, triste e un poco assente.
”Fammi entrare”
disse con voce suadente
“Voglio vivere con te, starti vicino,
ti prenderò per mano e insieme dipingeremo
il mondo intero di grigio scuro.
La guardò pensosa poi volse lo sguardo
verso la mensola accanto al letto.
“Ti aiuterò io” Sembrava dire
con gli occhi dolci la Madonnina.
Ma dalla porta“Fammi entrare “
ripeteva la voce .“Non mi riconosci?
sono la depressione e sarei felice
di vivere con te per tutta la vita.”
Era triste, stanca e spaventata
ma d’improvviso una grande forza
le consigliò di chiudere la porta.
s’inginocchiò davanti alla Madre Celeste
pregandola con fervore di darle il coraggio
di andare avanti, di non avere paura.
E che la sua mente guidasse la mano
per dipingere il mondo non di grigio scuro
ma di azzurro intenso come il Suo mantello.

IL MULATTIERE POETA



S'inoltra la mulattiera nel folto del bosco. A tratti è facile il cammino, ripido poi a rendere pesante il respiro. Orfana ora di'impronte di zoccoli di animali, che il mulattiere, con pazienza guidava, anche se ormai la strada per loro era conosciuta. Zitti, zitti però, ora vi prego. Non vi sembra di risentire un "Ooooo, Va laaaaa." Che qui dove un pietrone funge da sedile, l'eco ripeteva. Uno ne ho conosciuto, vecchio ormai. Parco di parole, ma che sovente in rima amava parlare e che di giorni solitari ne aveva vissuti. A volte oltre quel va laaa, una bestemmia gli sfuggiva ma, subito perdono alla Madonna chiedeva. " Perdonami, non lo faccio per cattiveria ma, il viaggio deve finire prima che arrivi il buio. Avranno tempo dopo i muli per mangiare, che anche per me dovrò cucinare". Nel piccolo zaino militare portava un pane, del formaggio e ogni tanto, qualche fetta di salame, che mangiava mentre adeguava il passo a quello cadenzato dei suoi animali. L’acqua no, quella non la portava, che il percorso di fontanelle ne offriva. Viveva solo in una casa modesta, che alla domenica cercava di pulire. I panni li lavava con moderazione perché tanto gli abitanti del bosco, non facevano obiezioni.. Una moglie non l’aveva mai avuta però, si diceva, un grande amore sì in gioventù ma, lei non lo aveva voluto perché era solo un mulattiere. Così ancora una volta si era sentito solo. Trovatello, da una povera famiglia dal brefotrofio era stato tolto per la ricompensa, che il governo dava. Il patrigno presto la vita aveva lasciato e quella, che lui chiamava mamma e che bene gli aveva voluto, si era spenta di miseria quando lui appena tredici anni contava. Un mulo gli era rimasto e in fretta aveva cominciato a percorrere quella mulattiera. Nel bosco, un cane abbandonato aveva incontrato. Due trovatelli possono volersi bene e farsi compagnia, aveva pensato e a casa lo aveva portato. Gli era amico fedele e giornaliero in tutti i suoi percorsi, fino a quando l’età li aveva indotti a riposare. Del vino non era grande amante ma, quando all’osteria qualcuno un bicchiere gli offriva, allora sì, cominciava a raccontare. Parlava in rima, anche se, non lo definivano un poeta. Narrava della guerra. Di quando, di nascosto, portava cibo ai partigiani. Di un giorno, che i tedeschi con il mitra, avevano sventagliato dentro il canalone, Per fortuna le foglie erano talmente tante, che non vi erano stati feriti e lui dopo che il nemico si era allontanato era andato nella notte a fare il segnale del pericolo cessato. Diceva di cittadini, venuti a cercare funghi e delle vite salvate facendo buttare quelli velenosi. Di giovani chini a raccogliere castagne, di quelli che da un cespuglio nascosti, si fermavano a rubare un bacio. Anche lui di castagne riempiva lo zaino e arrostite, ai bambini offriva. A seconda delle stagioni invece portava fragole o more a una vicina, che gli anni ormai più non contava e in cambio aveva qualche fetta di crostata. Una storia non la raccontava ma tanto anche altra gente la sapeva. Di una vedova, che ogni giorno in umili lavori s’arrabattava, per tirare su tre figli. A volte dalla catasta del padrone di mezzo monte, qualche pezzo di legna prendeva. Lui in fondo la perdonava e sperava, che anche il buon Dio, lo facesse. Si diceva, che avesse soldi perché ben poco spendeva ma, nessuno sapeva dove li metteva, Ogni tanto però prendeva la corriera e in città se ne andava. A fare che? Nessuno lo sapeva e c’era anche chi con un sorriso malignava. Un giorno le finestre e la porta erano rimaste chiuse e la gente si era preoccupata. Avevano chiamato il prete e i carabinieri e loro entrati in casa, sul suo letto l’avevano rinvenuto. Il cane insieme a lui, gli occhi aveva chiuso, che vecchio ormai solo non voleva restare. Sul comodino una medicina, presa troppo tardi e nel cassetto una busta, aperta dal maresciallo. Poche righe scritte con mano incerta “ i miei soldi sono nella Banca…e la cifra è di… milioni”A sentire la cifra erano trasaliti ma il testamento ancora continuava. “I soldi dovranno servire per gli studi dei bambini ospiti nell’orfanotrofio perché abbiano un’istruzione che permetta una vita decorosa.”Mi alzo dal pietrone, che funge da sedile. Qui nella curva dove l’eco risponde.
Porto le mani a megafono, vicino alla bocca e un Ooooo Va laaaaa lancio nell’aria. Pochi secondi e un Oooo Va laaa mi ritorna. Sembra gioioso e io mi chiedo se è soltanto l’eco o è il mulattiere poeta, che dai facili sentieri del paradiso mi risponde. Ma ascoltate, non è un lontano abbaiare di cane che si sente?

IRLANDA



- Vado in vacanza in Irlanda.-
Con queste parole, Lisa entrò in casa mia, dopo aver dolcemente bussato come suo solito.
- Vado con Nicol e staremo via per tre settimane. L’auto la noleggeremo sul posto, abbiamo già l’indirizzo, che ci ha fornito l’Agenzia di Viaggi. Dormiremo nei” Bed end Breakfast “ e spero proprio di divertirmi.-
Rideva e già nei suoi chiari occhi, si potevano vedere le verdi praterie e il cielo d’Irlanda, limpido e nuvoloso allo stesso tempo.
- Mi potrebbe prestare il suo transistor?Quello piccolo, mi farebbe compagnia e mi sembrerebbe anche di avere lei vicino.-
Voglio bene a quella ragazza come ad una figlia, le darei il cuore, figuriamoci una piccola radio.
-Le porterò il solito souvenir.- disse abbracciandomi stretta, stretta.
Come da tutti i suoi viaggi, l’unica cosa che desidero è un po’ di sabbia, un sassolino, una conchiglia, qualcosa che effettivamente appartenga alla terra da lei visitata. Così la mia raccolta naturale si arricchisce sempre di più.
Al ritorno, dallo zaino di Lisa, uscì un sacchetto di sabbia e di conchiglie rosa, talmente belle da togliere il respiro. Ci furono naturalmente i racconti di luoghi ed esperienze indimenticabili seguiti da un –Sono qui ma il mio cuore e la mia mente sono rimasti là. -Dopo aver messo la sabbia e le conchiglie in un vasetto trasparente, lo posi sulla mensola insieme a tutti gli altri e quasi automaticamente accesi il transistor che Lisa mi aveva ridato. La dolce voce di Enya che cantava una struggente ballata irlandese riempì la stanza. Girai la manopola e la musica irlandese continuò anche nelle altre stazioni.- Sarà un caso. - Dicemmo entrambe. Cambiai velocemente, quasi con apprensione, le varie frequenze ma ovunque solo musica irlandese. Non riuscendo a trovare una spiegazione plausibile, dopo qualche giorno portai la radiolina da un tecnico spiegando vagamente di disturbi alla ricezione. Lui la accese facendo scorrere in fretta i vari programmi, senza fare caso all’uguaglianza della lingua straniera e alle musiche celtiche. Mi guardò e disse - Sembra tutto a posto, se fa i capricci la butti, ormai è vecchia, non ha alcun valore e non conviene aggiustarla. La misi in tasca stringendola forte con la mano, quasi volessi proteggerla. Tornai a casa e la misi sulla mensola, vicino alle conchiglie rosa. Mai l’avrei buttata, per me e Lisa era molto importante e da quel giorno quando la nostalgia si fa sentire a noi basta, accendere la radio, chiuder gli occhi e…….

SOGNARE NON COSTA NULLA



L'ho lasciato presto stamane il sonno
ma non voglio ancora entrare nella realtà.
No, oggi no, voglio restare ad occhi chiusi
immaginando che il buio attorno
che ogni giorno diventa più presente
sia dovuto solo a questo.
In fondo, dicono, sognare non costa nulla.

Mi spinge dolcemente il delfino
per cavalcare insieme l’onda.
E’leggera la mia mano sul volante
della rossa, fiammante spyder.
Chiudo soddisfatta il libro
sulla parola FINE.
Ricambio il sorriso delle persone
sedute in fondo alla stanza.
Pedalo felice in bicicletta
mi specchio negli occhi di un bimbo.

No, no, non voglio ancora aprire gli occhi
ma s’accende la radiosveglia.
Infilo adagio i piedi nelle pantofole
cammino per un po’ ad occhi chiusi
in fondo, dicono, sognare non costa nulla
e poi….la casa mi è amica.

PIO IL PULCINO BIRICCHINO (bimbi)



Pio era nato, insieme ad una decina di altri fratellini e sorelline, da una covata di uova, che mamma chioccia aveva amorevolmente custodito. Era ancora un morbido, dolcissimo batuffolo giallo ma già dimostrava un bel caratterino, che preoccupava non poco la mamma. Infatti, cercava sempre di allontanarsi da solo perché diceva, che voleva andare a vedere il mondo. Il mondo per lui era una grande fattoria abitata da molti altri animali, curati da una famiglia numerosa. Nella stalla c'erano cento mucche ma loro non potevano uscire e Pio le aveva viste solo stando sul portone e quando la più vicino a lui, si era voltata a guardarlo muggendo forte, era fuggito spaventato a nascondersi sotto le ali della mamma, che per l'ennesima volta lo aveva rimproverato. C'era anche la bellissima gatta Giada con due gattini sempre intenti a succhiare latte. C'era un grosso gallo, che all'alba amava mettersi sul tetto del pollaio per salutare il primo raggio di sole con i suoi potenti chicchirichì. Ma il vero padrone del cortile era Bobby, un cagnone tanto grosso quanto buono. Era proprio lui, che stando sdraiato all'ombra controllava che tutto andasse per il meglio, ed era accaduto diverse volte, che vedendo Pio andarsene alla chetichella era andato a fermarlo e abbaiando lo aveva allontanato da qualche pericolo. Pio aveva visto anche dei grassi maiali in un recinto, che si rotolavano beatamente sulla terra e avevano un curioso codino, tutto arrotolato ma anche questi non avevano destato in lui un grande interesse. Quello che lui voleva vedere era senz'altro nella parte più lontana del cortile. Infatti, era da li, che sentiva provenire parecchi, bee,beee lui voleva proprio scoprire a quale animale appartenesse quel verso. Fu così che un pomeriggio, mentre mamma chioccia stava razzolando per trovare grossi vermi da mangiare e pazientemente invogliava i suoi pulcini a fare altrettanto, pio, lesto, lesto si incamminò verso quella meta sconosciuta. Dovette fare una moltitudine di passi, prima di giungere accanto ad un recinto da cui proveniva il verso, che tanto lo aveva incuriosito. Si fermò, un pochino stanco, a guardare gli strani ospiti del recinto, erano buffi con quelle piccole corna e la barbetta sul mento. Chiese il loro nome e una educatamente rispose, che loro erano caprette ma lei si meravigliava di come un piccolino come lui fosse in giro da solo. Proprio in quel momento un’ombra minacciosa si delineò sul terreno e tutti gli animali cominciarono a fare i loro versi ad altissima voce. Pio non capiva cosa stesse succedendo e stava per tornare dalla mamma, quando si sentì afferrare da due grosse zampe munite di lunghe unghie. Era un falco, che voleva portarselo via e farne un buon boccone e sarebbe andata così se come un lampo non fosse intervenuto Bobby, che addentando il predatore lo aveva costretto a lasciare andare il pulcino. Pio spaventatissimo tremava come una foglia mentre tutti gli animali tiravano un respiro di sollievo e cominciarono a rimproverarlo. Era giunta nel frattempo, tutta trafelata, anche mamma chioccia, che si unì al coro dei rimproveri. Pio capì la lezione, lo spavento gli era servito e da quel giorno alla scoperta del mondo, andò solo in compagnia della sua mamma e dei fratellini e sorelline. E vi assicuro che ebbe modo di vederne di cose, anche senza trovarsi in pericolo. Bobbi però, da bravo guardiano, non smise mai di controllarlo perché da un birichino simile, ci si poteva anche aspettare qualche sorpresa. Voi, che ne dite? Pio, combinerà altri guai?

LA MUCCA E IL CONIGLIO (per i bimbi)



In una bella gabbia tenuta sempre molto pulita dal contadino e con grande abbondanza di erba fresca, fieno e carote, viveva una famiglia di conigli. Erano belli, soffici e felici. Tutti felici tranne Alfredo un bellissimo coniglietto bianco. Lui passava le giornate vicino alla grata della gabbia guardando verso il prato che si estendeva davanti. Qui vi pascolava una famiglia di mucche e spesso una di loro, che si chiamava Carmen si avvicinava alla gabbia e appoggiava il suo grosso muso contro la grata. Allora Alfredo metteva il suo musino attraverso i buchi e si avvicinava come per darle un piccolo bacio. Carmen lo invitava ad uscire dalla gabbia per poter correre nel prato con lei ma Alfredo le faceva notare che la cosa era impossibile perché il contadino chiudeva sempre con il catenaccio. La loro amicizia quindi andò avanti in questo modo per molto tempo fin che un giorno, dopo aver osservato bene i movimenti del contadino, Carmen, riuscì con i suoi dentoni ad aprire il catenaccio. Il coniglietto balzò nel prato e Carme con pazienza riuscì a richiudere la gabbia per non rendere la cosa evidente. Finalmente potevano correre insieme nel prato e la loro amicizia, che potrebbe sembrare strana, cresceva di giorno in giorno. Il contadino si era accorto di una presenza saltellante nel prato ma pensava fosse un leprotto. Un giorno di mercato però decise di vendere qualche coniglio, andò ad aprire la gabbia e contandoli realizzò che ne mancava uno.
Capì quindi che quello che saltellava nel prato non era un leprotto. Si mise, con gran foga, ad inseguirlo per catturarlo ma Alfredo era molto svelto e Carmen da parte sua gli intralciava il passo. Ddopo aver tentato e corso a lungo decise di rimandare la cosa ad un altro giorno. Il mattino dopo visto che voleva recarsi al mercato, decise di andare nella stalla per le mansioni quotidiane, un po’ più presto del solito. Trovò le mucche che se la dormivano ancora, beatamente stese sulla paglia. Si avvicinò a Carmen e rimase a bocca aperta dallo stupore. Vicino al muso della mucca c’era il coniglio addormentato anche lui. Il primo istinto fu quello di afferrarlo per le orecchie e riportarlo nella gabbia, ma il quadretto era talmente tenero e commovente che decise di non fare nulla. Comprese che anche dagli animali possono venire degli insegnamenti da prendere ad esempio e che una grande amicizia può nascere e durare anche fra le differenze.

MANUELA



Manuela, era rimasta a lungo, davanti ai vetri della finestra, con la luce spenta, a guardare lo sfarfallìo bianco, che cadeva nella notte scura. Già l'asfalto si stava ricoprendo e le rare automobili, procedevano a passo d'uomo. Era uno spettacolo affascinante.
"Speriamo non geli" pensò mentre chiudeva la tapparella.
La stanza era calda e distesa sotto la soffice trapunta, si ritrovò ben presto nel mondo della non volontà. Era sul suo monte preferito e stava dando pezzetti di pane ad un cavallo libero, che la seguiva nel percorso verso la cima, dove andava ad abbracciare la grande croce di ferro. Era scesa poi tra i faggi, con radici contorte ed affioranti per suggere ogni goccia di pioggia. Si era fermata nel verdeggiante prato trapuntato di margherite. Si era seduta ad intrecciare, come bimba, una coroncina, per sentirsi ancora principessa tra i fiori. Per vivere un attimo di fantasia, in quel mondo melodioso, dove danzano le fate. Il clic della radiosveglia e la suadente voce di Julio Iglesias, che cantava, Manuela, la riportarono alla realtà. Dalla strada giungevano voci di uomini e rumore di pale. Dunque la neve era caduta abbondante. Si alzò per andare ad aprire la finestra e vedere il bianco spettacolo. Alzò le braccia e passò le mani fra i lunghi, neri capelli ma qualche cosa rimase impigliato fra le dita. Abbassò le mani e rimase a guardare stupita e confusa... una bianca margherita.