selenevalentina

domenica 27 dicembre 2015


 

TANGO

 

Danza sola

a piedi nudi nella notte

sulla rena calda di una spiaggia.

Danza sola

a piedi nudi in un mattino

fra rugiada, fresca di primavera.

Danza sola

a piedi nudi nel tramonto

mentre infuoca vene il rossore.

Danza sola

a piedi nudi, in un immaginato palco

su languide note di tango.

Danza sola

a piedi nudi, aspettando solo te

per perdersi appagata, fra le tue braccia.

 

martedì 22 dicembre 2015


 

 

RIFLESSIONI DI UNA STUFA "economica"

 

E' quasi natale e le famiglie si stanno preparando, per trascorrere la festività, nel migliore dei modi.

Io invece, sono qui, sola con la mia malinconia e i miei ricordi.

Vent'anni e più sono lunghi dapassare, senza vita intorno, in questa casa abbandonata.

Certo, quando c'era maria, le cose andavano bene. C'era sempre una pentola che bolliva, con il mio calore. Lei aveva, un piatto pronto per tutti. E nel forno, ne sono stati cotti, in tanti anni, di polli e conigli arrosto con patate. Quante teglie di mele e torte per la sagra e per le feste. Ricordo la gioia dei bambini e i discorsi dei grandi. Ho arrostito castagne anche orzo, che macinato, diventava compagno del latte a colazione. Con le mie braci, messe nel"prete", ho scaldato letti, nelle lunghe e fredde notti invernali. E quante cose potrei raccontare ancora. E' vero, nella stanza con me, c'è anche un divano, una credenza, tavolo sedie e persino, una macchina da cucire ma, nessuno che apra una finestra, per fare entrare un po' di luce. La polvere scende leggera e copre ogni cosa, nel silenzio. Fuori c’è il vento. Lo invidio. Lui è libero, non prigioniero del tempo, in una stanza. Allora affido a lui i miei pensieri, gli auguri per un felice Natale e la speranza, che un giorno qualcuno, abbia ancora bisogno di me.

 

domenica 6 dicembre 2015



 

U PORCU

 

Quande ume padron, u me purtava da mangià

pensava che u me vurisse ben

miga che gh'ava da diventà di salamen.

U me caressava e pariva, che u fisse innamurà

invecci u vardava, quantu s'era ingrassà

Creidu, che quande ho smissu de respirà

in po' de rimorso u l'ha pruvà.

Ma gh'era u sangue da ciapà, i tocchi da tajà.

Du bei presutti da fa stagiunà

e d'istai con u melon, j'erene pronti da mangià.

Cuppa pansetta e con i tocchi restà.

fatti buje ben ben, j'en diventà suprassà.

Col sigulle u fidegu, in padella l'è fenì

i pesén in ta pugnatta, con j'udù, fatti bujì.

E mei che testamentu no miga pudì fa

speru che a Natale in regallu u farà

magari a ina famija che ha gh'a pocu da mangià

Allura u perdunerisse, per aveime imbrujà...

 

venerdì 20 novembre 2015



RIFLESSIONE DI UNA MACINA


Quanti e quanti chicchi ho macinato, Quando ancora giovane e robusta, lavoravo in quel mulino. La spinta forte dell’acqua, mi faceva girare, mentre mi raccontava del suo percorso. Di quanto aveva camminato, fra sassi e balzi, in un letto che piano s’allargava. Mi raccontava di case sparse , di suono di campane, di donne inginocchiate a lavare panni. Di bimbi che giocavano e di pescatori in attesa. Giravo io, schiacciando semi, portati da contadini. Ricordo le attese per riempire un sacco di bianca farina. Quella che donne, sapevano trasformare in grosse micche di pane. Quel pane, prima benedetto e poi tagliato a larghe fette, attese da grandi e piccini. Passavano le stagioni. Cambiavano le persone. Anziani, che più non vedevo e giovani, che curiosi osservavano, quel mio instancabile girare. Poi un giorno d’improvviso, lacqua si è fermata, bloccando il mio girare. Non capivo che stesse succedendo. Sentivo discorsi strani. Di mulini grandi, che non usavano acqua. Di silos per contenere chicchi. Di macchine che impastavano, senza che le donne faticassero. Un giorno, dal grande portone, sono entrati uomini sconosciuti. Mi hanno messo fasce e un lungo collo di ferro mi ha sollevato e posto sopra uno strano carro che faceva rumore. E’ stato lungo il viaggio e si è fermato qui, in questo luogo sconosciuto. C’è un parco grande e molto bello. Ci sono ombrosi alberi. Cè gente che cammina avanti e indietro. C’è il dolce suono di una campana ma, non c’è un mulino. Ho compreso dai discorsi, che ero, con le mie sorelle e altri amici, nel parco di una Casa di Riposo. Ci sono panchine per gli anziani ospiti. E c’era un prato per me. Mi sono sentita inutile e vecchia. Che ci facevo qui? Dove erano i miei chicchi? Perché l’acqua più non mi parlava? Avrei voluto piangere ma, lo può fare una vecchia macina? Un giorno ho cominciato ad ascoltare i discorsi intorno a me. Parlavano di tempi antichi. Di ricordi di mulini. Di grano biondo e pane profumato, della loro gioventù. Se sapevano di me, allora non mi sentivo sola. Se avevano i miei stessi ricordi, potevo stare bene qui. Pensionata, fra pensionati. Lascio, che la pioggia mi lavi, che il sole mi riscaldi, che i racconti intorno, e voci di poesia, accompagnino, il mio riposo.   

 

giovedì 19 novembre 2015



 

RIFLESSIONE DI UNA PANCHINA

 

Ma sì dai! Cosa vuoi che sia! dopo tutto è solo una panchina.

Eh no! Basta! Non tollero più questa frase.

E' vero, sono solo una panchina ma,mi permetto di parlare, a nome di tutte le altre panchine. Vi siete mai chiesti, quante siamo nel mondo? E in quanti contesti differenti siamo state poste? Siamo di diversi colori e materiali. Pietra, ferro, legno, plastica, forgiate in tanti modelli diversi. A quante persone abbiamo donato riposo? Di quanti mendicanti, siamo state letto?Abbiamo sentito, nascere e morire amori. Ascoltato pianti, o confidenze. Percepito la solitudine di anziani soli e per fortuna, anche risate di bimbi. Attraversiamo il tempo, come voi. Restiamo sotto il sole cocente. Aspettiamo che la pioggia ci lavi. Ci ricoprono foglie in autunno e neve in inverno ma, restiamo sempre lì, aspettando, che qualcuno, venga a tenerci compagnia. Siamo state colpite, scarabocchiate, sfregiate e sopportiamo sempre ogni cosa. Ma voi, siete sicuri,

che questo, non ci faccia male? In fondo cosa chiediamo? La vostra compagnia e il rispetto. Vi sembra troppo?.

 

sabato 29 agosto 2015


 

 

MADRE

 

Forse sarà

in un buio giorno di pioggia

o al consueto lavoro.

Forse sarà

nella tua casa accogliente

o quando hai per mano

la persona che ami.

O forse

mentre ti perdi in un'alba

o in un tramonto infuocato.

Mentre guardi le stelle

Pensando dove possa essere.

O mentre fermi in un disegno

Lo scorrere delle stagioni.

Succederà

succede a tutti.

Lei ti mancherà.

Ma non lasciare  che la malinconia

sia padrona del tuo animo.

Non ti voleva così.

Non ti vorrebbe così.

Ad ogni cominciare di un nuovo giorno

un tuo pensiero basterà

perché Lei

possa tornare… ad essere.

Ci sarà sempre un frullar d’ali

A farti alzare lo sguardo.

Ci sarà sempre un albero

Che ombra ti offrirà.

Appoggiati al suo tronco

E amore, percepirai.

 

domenica 26 luglio 2015


 

PENSIERI NELL’ALBA

 

Nella luce tremula dell'alba

quando ancora nell'aria incerta

resta l'ultimo luccicare di stelle.

Quando la bruma disseta la terra

e lenta s'adagia, scompare

lasciando preziosi diamanti

su steli, giovani di vita.

Quando il primo filo d'oro

da il via al tessere del giorno

riempio pupille di magia di colori.

E' allora che il pensiero divaga

penetrando nei come e perché?

E' allora che cerco risposte

che la notte muta è rimasta?

Nell'alba che sempre è speranza

metto in fila alcune risposte

lasciando a un altro domani

le nuove che forma la mente.

Mi avvio, riprendo il cammino

C’è un giorno in attesa che io viva.

 

 

 

sabato 25 luglio 2015


Foto di Flavio Nespi

 

PENSIERI NELLA SERA

 

Nelle prime luci della sera

quando il cielo già socchiude gli occhi

lasci liberi i pensieri, di galoppare in ogni dove.

Senza briglie ne morso, con la criniera al vento

come anche tu vorresti fare.

Ritornano ai sogni fanciulleschi

Da delineare ancora.

Ritornano ad adolescenti sogni

rimasti alcuni inappagati.

Ritornano a quell'amore che pensavi eterno.

Lasciato scorrere come un fiume

in un alveo trascurato

per abitudine o per pigrizia.

Un giorno il fiume si è arenato

contro lo scoglio che l'onda ferma

e scioglie fiori di schiuma bianca. .

Hai trovato un nuovo greto

per fare scorrere nuove acque

senza senso di rimorsi, di rimpianti forse si.

Nelle prime luci della sera

sotto lo sguardo incerto dei tuoi figli

riporti indietro i tuoi pensieri

rimettendo morso e briglie.

Lasci che il cielo chiuda gli occhi

il domani forse, porterà risposte?

 

 

BUOI

 

Là dove nella terra affondava il vomere.

Dove lenti buoi, attraversavano campi

da una voce e una mano guidati.

Là dove l'aria di vigna profumava

e di rosso e ocra, la tavolozza si riempiva.

Dove ultimi garriti erano un arrivederci ancora.

Dove il tornare a sera a casa

era stanchezza e soddisfazione.

Dove nel cuore, era silente preghiera

di ringraziamento e aiuto chiesto.

Là dove lo sguardo, conobbe il mondo

e in fondo all'animo lo fissò.

Grato il cammino passato ripercorro

tra ricordi, sgranati lentamente.

 

Un grazie a Giovanna Boni, per avermi raccontato questo episodio.

ALPINO

 

I novanta certo, già erano passati

ma con fierezza grande, ancora

quella penna nera sul cappello si ergeva.

Sfilava con mille e mille altri alpini

e L'Aquila con gioia li accoglieva.

Un compagno con cuore generoso

spingeva adagio, le sue quattro ruote

che le stanche gambe, di reggerlo e portarlo

qquasi ormai si rifiutavano.

Più avanti un Labaro colmo di medaglie

che di eroi ce ne sono da ricordare.

Con poca voce ritrovata

a stento il desiderio fa capire.

Prontia sorreggerlo gli amici

e i bastoni poggia sull'asfalto.

Sforzo grande e sull'attenti al Labaro

Con la mano sulla fronte fa il saluto

che combattuto ha per la LIBERTA'.

Lacrime negli occhi dei presenti

di fronte a quella scena commovente.

Penso che forse troppi giovani di oggi

il significato non abbiano compreso

che è racchiuso, nella parola... LIBERTA'.

 

Un grazie a Giovanna Boni, per avermi raccontato questo episodio.

ALPINO

 

I novanta certo, già erano passati

ma con fierezza grande, ancora

quella penna nera sul cappello si ergeva.

Sfilava con mille e mille altri alpini

e L'Aquila con gioia li accoglieva.

Un compagno con cuore generoso

spingeva adagio, le sue quattro ruote

che le stanche gambe, di reggerlo e portarlo

qquasi ormai si rifiutavano.

Più avanti un Labaro colmo di medaglie

che di eroi ce ne sono da ricordare.

Con poca voce ritrovata

a stento il desiderio fa capire.

Prontia sorreggerlo gli amici

e i bastoni poggia sull'asfalto.

Sforzo grande e sull'attenti al Labaro

Con la mano sulla fronte fa il saluto

che combattuto ha per la LIBERTA'.

Lacrime negli occhi dei presenti

di fronte a quella scena commovente.

Penso che forse troppi giovani di oggi

il significato non abbiano compreso

che è racchiuso, nella parola... LIBERTA'.