selenevalentina

lunedì 3 dicembre 2012

I RACCONTI NEL CORTILE (racconti per filoss antichi)



Si stava bene nel cortile fra le case, nei pomeriggi primaverili. Sedevano su basse panche le vecchie, lavorando vimini, raccolti al mattino presto, nel greto del torrente. Toglievano prima la scorza usando un attrezzo, che nel dialetto veniva chiamato, sgurbia. Guardavamo affascinati, noi bambini, quelle dita magre e avvizzite, che si muovevano agili con quei sottili rami, umidi di linfa, intrecciandoli e trasformandoli in canestri e cesti di diverse misure. Li avrebbero poi venduti al giovedì mattina, nel mercato del paese. Ci guardavano sorridendo, con sorrisi vuoti e occhi infossati. Sapevano che stavamo aspettando i loro racconti, e a turno Cominciavano. Ma quando raccontavano la storia della ragazza e del diavolo, prima di cominciare, si facevano il segno di croce e ci invitavano a fare altrettanto…..” Era una ragazza bella, che in un pomeriggio di festa, era andata in paese con le amiche. C’era la fiera e su una pista di legno si poteva ballare al suono di una fisarmonica e di una chitarra. Non le mancavano certo i pretendenti e aveva ballato a lungo, con i ragazzi del paese, amici di sempre. Si stava riposando, seduta su una panca, quando un giovanotto sconosciuto, le chiese il permesso di accomodarsi accanto. Era bello, con modi gentili e uno sguardo affascinante. Si presentò con il solo nome e aggiunse che non poteva invitarla a ballare perché a causa di un recente incidente aveva qualche difficoltà nel muovere i piedi. Le disse che veniva da una città abbastanza lontana e cominciò a parlare della vita comoda che vi si conduceva. Le case erano belle, con grandi comodità come l’acqua calda corrente in cucina e in bagno. Non c’erano certo i gabinetti nel cortile come in quel piccolo paese. Vi erano negozi illuminati con la luce elettrica e nelle vetrine erano esposti abiti che avrebbero fatto la felicità di qualunque donna e certamente sarebbero stati perfetti, anche indossati da lei. Chiacchierarono a lungo e la ragazza pendeva dalle sue labbra. Quando le amiche la chiamarono per fare ritorno a casa, si riscosse come se uscisse da un sogno. L’uomo le chiese il permesso di andare a farle visita a casa, dopo qualche giorno e lei accettò, quasi senza renderse ne conto. Raccontò tutto alla madre, che restò perplessa. Il suo istinto le diceva di non fidarsi ma aspettò ad esprimersi perché prima era giusto conoscerlo. Dopo qualche giorno, la sera era già scesa e le due donne, che vivevano sole, dopo il recente lutto che le aveva private del marito e padre, avevano già consumato una cena frugale, sentirono bussare alla porta. La madre stava lavorando a maglia e quindi fu la ragazza che si alzò per andare ad aprire. Si trovò di fronte al giovane di città, che chiese il permesso di entrare. Lo fece acomodare e lui salutò educatamente la padrona di casa, dicendole di non alzarsi e le porse una scatola di dolci. La donna ringraziò ma nel prendere il dono, sentì un brivido di paura. Cercò di rimanere tranquilla per poter giudicare lucidamente l’ospite. Si era seduto sulla panca vicino alla ragazza e parlava incessantemente. La stanza era illuminata solo da una candela e quindi non era possibile vederlo bene in volto anche perché si era seduto i modo da avere la luce alle spalle e non aveva mai cambiato posizione. Se ne stava fermo e con i piedi sotto alla panca. Dopo un paio di ore si accomiatò, scusandosi anche con la signora per il suo modo strano di camminare ma disse che presto si sarebbe ripreso e promise, se aveva il loro permesso, di tornare. La ragazza lo accompagnò alla porta e sedutasi di nuovo accanto alla madre, cominciò a tessere le lodi di quel nuovo amico. Per risposta ebbe solo dei dubbi che però purtroppo, la lasciarono indifferente. Le visite si ripeterono, sempre alla sera, sempre con doni e anche con lo stesso modo di stare seduto. La giovane, totalmente presa da questo amore, parlava ormai solo di come sarebbe stata favolosa la vita che le prometteva l’uomo, nella grande città. La madre non riconosceva più la dolce, assennata figlia e i suoi tentativi di farla rifletter erano giudicati come invidia. Una sera, durante una delle solite visite, la madre era intenta come sempre, nel lavoro a maglia, quando, un gomitolo le cadde a terra e lei si chinò per raccoglierlo. Nel fare ciò, guardò sotto la panca, dove teneva i piedi l’ospite e quello che vide le gelò il sangue. Non erano piedi quelli che vedeva ma zoccoli. Con uno sforzo immane, mantenne la calma e con una scusa si alzò e andò nella camera da letto. Il giovane cercò di approfittare di quell’attimo per carpire il primo bacio alla ragazza ma non ne ebbe il tempo perché la donna rientrò. Si avvicinò sorridendo all’uomo dicendogli di guardare che cosa avevano regalato alla figlia. Lui allungò la mano e lei vi pose sopra la coroncina benedetta, ricordo della Prima Comunione. La coroncina sfiorò appena la mano tesa e la stanza fu invasa da un gran fumo e l’uomo si dissolse urlando e gemendo. La ragazza non capiva cosa fosse successo, tremava come una foglia e sembrava appena uscita da un tremendo incubo notturno. Quando, dopo essersi calmata, ascoltando le spiegazioni, si rese conto, che il giovane altri non era che il demonio, che cercava di rubarle l’anima. Si buttò tra le braccia della mamma, ringraziandola di averla salvata e scusandosi di non averla ascoltata prima. Il giorno seguente, raccontarono il fatto al parroco, che diede a loro e alla casa una speciale benedizione. Nella giovane ritornò la serenità ma quella coroncina rimase sempre accanto a lei”.
 
 

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