selenevalentina

giovedì 29 dicembre 2011

NONNA


Nonna, raccontami una fiaba.

Nonna, restami vicino
e più facile sarà per me imparare
le tante cose che devo studiare.

Nonna, ho conosciuto un ragazzo
te lo voglio presentare.
Lo amo tanto sai e con lui
la mia vita voglio passare.

Nonna, prendi in braccio
la mia bambina
le ho dato il tuo nome
per farti capire
quanto ti voglio bene.

Non ho mai detto queste parole
mai ho avuto una nonna vicino.
Spero mi guardino dal paradiso.
Ma tu se lo puoi fare
dalle tutto l’amore che c’è in te
fallo un pochino anche per me.

mercoledì 28 dicembre 2011

CREPUSCOLO

Sospeso è il pensiero
nell'attimo fuggevole
del crepuscolo.
Altalenante nel restare
fra la... luce... sicurezza
o abbandonarsi
all'incognita... buio.
Ma è quando l’incertezza
già si fa incalzante
che nella magia dell'ora blu
la prima stella s'accende.
E si resta fermi affascinati
Nel vano sforzo
di poterle contare.

venerdì 23 dicembre 2011

NEVE

Effetto neve.
S'attutiscono i rumori
per non rompere il silenzio.
Assopitevi
dolorosi pensieri
come terra dormiente
sotto coltre leggera.
Assopitevi
il tempo panacea
attenuerà il risveglio.



sabato 17 dicembre 2011

AUGURI

Già il Natale rifulge
In tutte le vetrine.
Già carrelli ricolmi
Si svuotano in bauli d’auto.
Già donne indaffarate
Si scambiano consigli di menù
Ad ogni passo incroci
Sorrisi di circostanza.
festeggiamenti e auguri
o silenzio e solitudine .
che in questi giorni pare
peso ancora più greve.
Dolci, baci e regali
o indifferenza, malinconia
E a chi è rimasto solo
vecchio o dimenticato
che cosa puoi regalare?
Fra tante cose speciali
scegli quella che sarà
la più gradita.
Regalagli…… AMORE.


mercoledì 14 dicembre 2011

IL QUADRO

Era luminoso l’appartamento di Eleonora. Situato all’ultimo piano di un grattacielo arredato con mobili chiari ed essenziali. Alle pareti, numerosi quadri ad olio, firmati David Morgan, dai colori tenui, a volte un poco sfuocati, ma che davano sempre l’impressione di una grande profondità e suggestione. Da un’ampia vetrata, sulla quale, alla sera veniva fatta scorrere una spessa, ma nello stesso tempo leggiadra tenda azzurra, si accedeva ad una vasta terrazza, che pareva essere sospesa nel cielo. A volte le nubi erano talmente basse, che sembrava fosse sufficiente allungare una mano, per entrare nella loro sofficità. Nelle notti stellate, la luna si fermava a curiosare e ad accarezzare i lunghi capelli di Eleonora, così scuri e lucenti ed a specchiarsi nei suoi occhi blu cobalto, che da molti mesi erano spesso inondati da lacrime di un immenso dolore. La ragazza rimasta orfana, in giovane età e senza nessun altro parente, aveva saputo con tenacia mantenersi agli studi, facendo vari lavoretti e ottenendo sempre borse di studio. Appena laureata era stata assunta in un importante ufficio, dove con un ottimo stipendio, lavorava insieme a numerose colleghe. Nel luogo di lavoro, era sempre gentile e corretta, ma non era solita dare molta confidenza. Solo con Helen nella pausa pranzo, si fermava a parlare e qualche volta, l’aveva invitata nel suo appartamento, per un caffè. Proprio insieme all’amica, qualche anno prima, era entrata nella Galleria d’Arte situata a pochi metri dal suo ufficio. Questa era gestita da Paul e David Morgan, padre e figlio. David, benché giovane, era già un pittore affermato e su un’intera parete della galleria, si potevano ammirare i suoi quadri. Già dalla prima volta, che i loro sguardi si erano incrociati, era scoccato qualche cosa. Non un colpo di fulmine, ma un’amicizia, diventata sempre più profonda, che si era poi tramutata in un grande amore, che presto sarebbe stato coronato dal matrimonio. Solo la felicità sembrava aleggiare intorno ai due giovani e anche Paul era molto contento, perché pensava, che così avrebbe avuto anche un’adorabile figlia. Il destino, spesso, ha in serbo strane trame, che noi non comprendiamo. Così un pomeriggio, nel quale David si trovava davanti alla sua Galleria, un’auto pirata sbandando, salì sul marciapiede e lo uccise. Il dolore di Eleonora e di Paul sembrava inconsolabile, ma la vita deve andare avanti. Così lui continuò a tenere aperta la Galleria d’Arte, ma i quadri di David rimasti sulla parete, non furono più messi in vendita, e non cedette neppure di fronte a importanti offerte, perché gli sembrava, che separandosene, avrebbe perso ancora di più il suo unico figlio. Ogni giorno dopo il lavoro, la ragazza, prima di rientrare nel suo appartamento, passava da Paul per un saluto, poi si soffermava a lungo davanti ai quadri del suo David. Da uno in particolare non riusciva a staccare lo sguardo. Rappresentava un laghetto, irrorato da tenui bagliori di un tramonto d’autunno. Alberi intorno, che si specchiavano nelle acque chiare e in fondo un piccolo cottage con un pontile e una ringhiera di legno. Il tutto sembrava avvolto da un'impalpabile nebbia che gli conferiva una struggente atmosfera. Rappresentava il luogo dove si erano dichiarati il loro amore, dove si

erano scambiati il primo bacio e dove erano poi ritornati per trascorrere ore indimenticabili. Una volta Paul l’aveva sentita mormorare “Vorrei poter entrare in quel quadro e restarci per sempre. Solo così mi sembrerebbe di essere ancora accanto a David e sarei felice in eterno”. L’uomo le aveva accarezzato i capelli, apprestandosi poi a servire alcuni clienti. Succedeva spesso, che quando lei se ne andava, non la vedeva uscire, perché intento nel lavoro, ma rispettava questo suo comportamento, dettato solo dal desiderio di nascondere la commozione. Il tempo passava e giunse il momento per Paul, di prendere un periodo di ferie, che avrebbe trascorso all’estero, a casa di una sorella. L’ultimo giorno di apertura Eleonora entrò come d’abitudine e gli augurò buone vacanze andandosi poi a mettere di fronte ai quadri del suo amato. All’ora di chiusura Paul salì sulla sua auto e si diresse direttamente all’aeroporto. Non aveva visto uscire Eleonora, ma d’altronde si erano già salutati prima. Al suo ritorno, la prima visita, che ricevette, fu quella di due poliziotti che gli chiedevano se aveva notizie di Eleonora, che era scomparsa una ventina di giorni prima. I colleghi di lavoro, preoccupati da un'insolita assenza l’avevano cercata ripetutamente al telefono, senza ottenere risposta. Helen, era andata anche a bussare alla sua porta poi preoccupata, aveva avvertito le forze dell’ordine, che forzata la serratura, avevano ispezionato l’appartamento, senza trovare nulla di strano. Le tende erano chiuse, dall’armadio non sembrava mancare nulla, ne abiti, ne valige e nelle stanze regnava il massimo ordine. Paul, non sapeva cosa dire, sentiva solo un macigno al posto del cuore. Non poteva perdere anche lei. Si guardò intorno e vide uno dei poliziotti, che stava ammirando i quadri di David. Si avvicinò e sentì che gli diceva. “Sono bellissimi, ma quello che mi ha maggiormente colpito e quello che rappresenta il laghetto con il pontile. La figuretta femminile, poi, appoggiata alla ringhiera gli conferisce un’aria magica”. Paul ascoltava come in trance. Che cosa stava dicendo il poliziotto. Non c’era mai stata nessuna figura femminile in quel quadro. Alzò lo sguardo e il suo cuore si mise a battere all’impazzata. Effettivamente appoggiata alla ringhiera del pontile si vedeva una figura di donna. Guardò meglio e gli sembrò che una delle manine, facesse un movimento impercettibile, come per un saluto. Deglutì rumorosamente, poi tornò a guardare e di nuovo la manina si mosse. Il poliziotto lo stava osservando e gli chiese “ Signor Morgan è tutto a posto, si sente bene?” Paul si riscosse e guardandolo rispose “Tranquillo, mi sento bene, è tutto a posto”.

AI MIEI GENITORI ( 1999 )

Voglio scrivere di voi, ora
che ancora potete gioirne.
E non quando i ricordi
saranno solo miei.
Voglio scrivere di te
padre mio, ora
che ancora posso sfiorare
i tuoi bianchi capelli.
Ora che ancora posso aiutare
le tue gambe stanche
che tanto hanno camminato.
Di te, quando a noi ancor bimbe
insegnavi canzoni che parlavano
di un folclore antico.
Ringraziarti per avermi insegnato
ad amare le parole.
Voglio scrivere di te
madre mia, ora.
Di te, che dell’onestà
ne hai fatto vessillo.
Di te, che l’Angelo Custode
mi hai insegnato ad amare
ed ancora oggi rende serena
la mia non facile vita.
Voglio scrivere ora
che ancora posso stringere
le tue mani, rugose ma instancabili.
Voglio scrivere di voi, ora
perché possiate portare
le mie parole in quel luogo
di pace e di serenità
che la nostra fede
ci ha insegnato ad attendere.
Perché possano essere
ancora nei vostri cuori
quando ci rincontreremo.
Con tutto il mio amore, ora
voglio scrivere di voi.

venerdì 9 dicembre 2011

IL PENTOLINO



"E' quasi ora di cena" Pensa Emma. E' già buio, le giornate si sono incredibilmente accorciate. Spegne il computer, sua finestra sul mondo. Ha imparato, caparbiamente ad usarlo da sola, senza fare corsi ma, voleva assolutamente poter rimanere in
stretto contatto con il figlio ed il nipote, oltre oceano. E con la web cam, può vedere quel pronipotino, che ancora non ha abbracciato. E' vero, a volte, pasticcia un po' con i tasti ma, un tecnico in pensione, che abita nel suo stesso palazzo, glielo rimette a posto, con pochi euro, spiegandole pazientemente come evitare errori. Vive sola, dopo che il marito, l'ha preceduta nel mondo della pace. Oltre al computer, ama leggere e lavorare all'uncinetto e i vari lavori, li dona al vicino Centro Diurno, per le vendite di beneficenza. Ha poche amiche, avendo passato la vita a lavorare e nel palazzo la gente a stento si saluta. Le famiglie cambiano spesso e oltre al tecnico lei conosce di vista, solo la donna, che abita nell'appartamento di fronte al suo. E’ anziana anche lei e l'ha sempre vista uscire e rientrare da sola. Si alza e si dirige verso la cucina. L'appartamento è in ordine. Non un ordine maniacale ma, come lo chiama lei, un ordine composto. Non ha mai dimenticato la frase, che spesso ripeteva la sua insegnante. "Quando avrete una casa vostra, tenetela in modo da poter trovare le cose anche al buio". Di quella frase, ne aveva fatto insegnamento e la cosa le era sempre tornata utile. Apre uno sportello della cucina e prende un pentolino. Lo guarda e scuote la testa. Da quando è rimasta sola e con il passare degli anni, il pentolino usato per il suo pasto è di una misura sempre più piccola. Che fare? Un poco di brodo per la zuppa o la solita tempestina? Le tornano alla mente gli anni della gioventù passati in quel paesino di montagna e i pasti che preparava. Quante ricette scambiate con le altre donne mentre aspettavano, che il pane cuocesse nel forno a legna o mentre lavavano i panni nelle vasche pubbliche. Erano all’insegna del risparmio ma, non per queste poco appetitose, anzi… La polenta condita con il formaggio tenero, la frittata messa in umido, per avere il piatto più pieno, le torte di riso, di patate, di erbette o di verza le riappaiono davanti agli occhi. E anche il budino con latte, farina, zucchero, un tuorlo d’uovo, un poco morbido, era una leccornia da mangiare con il pane. E le teglie con verdure ripiene che scomparivano in un attimo? Ma per Natale e Pasqua, preparava la torta, che le aveva insegnato la nonna. Anche se non la faceva da tanto tempo ricordava perfettamente gli ingredienti, della TORTA AL VENTO. 8 uova-600 gr. Di fecola-500 gr. Di zucchero-4 bicchierini di rum-1 bicchiere di olio di oliva-la scorza di un limone- un pizzico di sale- 2 bustine di lievito- Rompeva le uova e divideva tuorli e albumi in due zuppiere diverse. Ai rossi aggiungeva lo zucchero e mescolava fino a quando diventavano gonfi. Metteva i 4 bicchierini di rum, il bicchiere di olio la scorza, lavata e grattugiata del limone, mescolava ancora a lungo poi, metteva la fecola. Continuava a mescolare, sempre nello stesso verso, come le aveva raccomandato la nonna. Aggiungeva il lievito e da ultimo gli albumi montati a neve molto ferma, ottenuta mettendo il pizzico di sale, prima di usare la frusta. Imburrava una teglia con il bordo alto e la cuoceva nel forno a temperatura moderata per 45 min. senza mai aprire durante la cottura ed era sempre un successo. Dopo qualche anno di matrimonio, si era trasferita con marito e figlio, in città. Il marito era un bravo muratore e in quegli anni, l’edilizia era in forte espansione. Il figlio frequentava la scuola con grande profitto e lei andava a lavorare a ore presso alcune famiglie. Un giorno, che non aveva mai dimenticato, era entrata in casa la lavatrice e a lei era sembrato un sogno non dover più avere la schiena indolenzita dalla fatica. Dopo avevano avuto anche il televisore e quando aveva fatto la prima telefonata, comodamente seduta nella sua cucina, era stato come essere la protagonista di un film. Avevano poi comperato un appartamento e la felicità era stata rotta solo nel momento della partenza del figlio per quel paese lontano, dove però lo aspettava un ottimo impiego. Lo avevano superato perché, si sa che i figli non ci appartengono e devono seguire la loro strada. L’altro grande dolore era stato la perdita del marito, superata con un’immensa fede. E’ ancora lì in piedi con il pentolino in mano. Si riscuote lo appoggia sul ripiano, apre il frigorifero e guarda la teglietta con la doppia porzione di lasagne, comperate il giorno prima, nella gastronomia sotto casa. Chiude il frigo e si dirige verso la porta d’ingresso. La apre e esce sul pianerottolo. Qui l’indecisione la fa fermare per un attimo, poi si fa coraggio e suona il campanello della sua vicina. La donna apred e Emma, tutto d’un fiato le dice “Scusa se ti disturbo, non voglio sembrarti invadente ma, questa sera non mi va proprio di cenare da sola. Ho due porzioni di lasagne, ti andrebbe di dividerle con me?” L’altra si riprende in fretta dalla sorpresa e risponde “ Mi stavo preparando un’insalata, aggiungo qualche foglia e la porto. Ho anche due fette di torta al vento, hai per caso il diabete?” ” Non ho il diabete, però, ho del budino alla vaniglia, che starà benissimo con la tua torta. Allora, lascio la porta aperta e ti aspetto”. Si volta, torna in cucina, apre un cassetto e prende la tovaglia ricamata, che non usava da anni. Le lasagne entrano nel forno a microonde, i piatti, le posate e i bicchieri sono a posto e nel frattempo sente chiudere le due porte e la voce della vicina le dice “Eccomi, posso entrare?” La fa sedere, le lasagne fumanti sono nei piatti, l’insalata è condita, torta e budino aspettano il loro turno, che chiedere di più. Emma prende il pentolino dal ripiano e lo mette via, seguita dallo sguardo sorridente della nuova amica. “Sai anch’io, ne uso uno uguale” Ma stasera no. Questa sera è diverso. Un sorriso un, buon appetito e le lasagne comprendono di essere apprezzate.

giovedì 1 dicembre 2011

VALENTINA E IDA

Du amighe in po' fantasiuse
in giurnu j àn decisu de sercà
a stra che au centru da terra
a j arisse purtà
In simma au Groppu da Rocca de Varsi
ina spece de caverna j an truvà
e sensa tantu stà a lei apensà
j en anà drentu e i sen incaminà.
J ummilavéna a strà con du lampadénne
ma j anavena pian cumme du lumaghénne.
Ogni passu i se fermavéna a parlà
i se contavéna i ricordi da vitta passà
Cusèi ciciarandu j en rivà a scuprì
Che i stessi posti e a stessa gente j an cugnisì.
In giru ne gh'era gnente de interessante
e u zainu u cuminciava a ésse pesante.
Alura setà in simma a in sassu ben squadrà
a mangià in bon panén i sen fermà.
Quande l'urulogio u gh'à dittu
che l'era vura de turnà j an pensà
che u centru da terra u pudiva spetà.
Tantu lu ina cosa impurtante j avéna capì
che in'amicisia veira e sincera a ne po'miga finì.

VALENTINA E IDA

Due amiche un po' fantasiose
un giorno hanno deciso di cercare
la strada che al centro della terra
le avrebbe portate.
In cima al Groppo della Rocca di Varsi
una specie di caverna hanno trovato
e senza stare lì a pensare
sono entrate e si sono incamminate
Illuminavano la strada con due lampadine
ma andavano piano come due lumachine.
Ogni passo si fermavano a parlare
si raccontavano ricordi della vita passata.
Così chiacchierando sono arrivate a scoprire
che gli stessi posti e le stesse persone avevano conosciuto.
In giro non c'era niente di interessante
e lo zaino cominciava a essere pesante.
Allora sedute su un sasso ben squadrato
a mangiare un buon panino si sono fermate.
Quando l'orologio ha detto che era ora di tornare hanno pensato
che il centro della terra poteva aspettare.
Tanto loro una cosa importante l'avevano capita
che un'amicizia vera e sincera non può finire.