No… Vi prego non chiamatele solo vecchie pietre. Forse lo sono per chi,
in un giorno di festa giunge per caso alla ricerca di luoghi antichi.
Non sono pietre. Sono case, le nostre, quelle che da sempre amiamo.
Sedete sulle panche all’esterno e appoggiate il capo al muro. chiudete
gli occhi e ascoltate. Allora le pietre parleranno. Non storie di
ricchezze ma di sacrifici e duro lavoro. Di giorni scanditi dalle
stagioni. Di bimbi nati in quelle stanze e affidati alla Madonna. Della
gioia di vedere i primi passi a piedi scalzi nel cortile. Del pianto di
ginocchia sbucciate, guarite da un bacio. Di zolle dure, sudore e zappe
in spalla. Del ritorno a sera, dove nella cucina c’era sempre una
minestra a rinfrancarti e un bicchiere di vino a toglierti la stanchezza
e darti la voglia, di fermarti ancora a scambiare parole. Diranno la
festa, agli occhi increduli della prima lampadina accesa. Di quella
radio a volte gracchiante che apriva al mondo e non si capiva, come le
valvole all’interno potessero parlare. Di vite intere parleranno e anche
di morte, che di essa fa parte. Per farvi capire, che non sono solo
pietre. E mentre poi vi allontanerete, non voltatevi se vi parrà di
sentire voci di giochi o preghiera di donne, su pane da cuocere. Non
voltatevi… Non le scorgereste. Racchiudeteli nel cuore e fatene dono.
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