selenevalentina

venerdì 4 novembre 2011

LA PRIMA FETTA DI PANE

Denis aveva cinque anni e non aveva mai conosciuto la sua mamma, perché era morta nel metterlo alla luce. Quando aveva cominciato a rendersi conto della mancanza di questa presenza, il babbo e la nonna gli avevano spiegato che la sua mamma era volata in paradiso, perché Dio aveva bisogno di lei. Non aveva mai compreso perché Dio avesse scelto proprio la sua mamma, ma ogni sera, prima di addormentarsi, pregava per lei. Nel piccolo gruppo di case dove abitava c'erano altre famiglie e altri bambini e la compagnia per i giochi non mancava mai. Erano giochi semplici, di bambini abituati alla libertà della vita in montagna, alla fine della prima metà del ‘900, quando ci si stava riprendendo da una tremenda guerra.

Denis era un bambino molto sensibile e il suo cuoricino si stringeva quando vedeva i suoi amichetti coccolati dalle loro mamme, che li vestivano e li pettinavano e curavano le ginocchia sbucciate con un bacio. La cosa, però, che più lo faceva soffrire, ma che non osava confidare a nessuno, era quando le mamme, dopo aver cotto e sfornato il pane, lo mettevano a far raffreddare e al momento giusto ne facevano fette fragranti, che davano ai bambini nel cortile. Anche Denis aveva la sua fetta di pane, ma non era mai la prima fetta distribuita, perché ogni mamma la riservava al proprio bambino. Nella sua mente immaginava che quella fetta dovesse avere un sapore speciale e non si rendeva conto che il suo inconscio aveva solo voglia del sapore di un gesto d’amore. Stava ormai giungendo la primavera e il papà di Denis decise che lo avrebbe accompagnato, per la prima volta, in paese, in occasione della fiera di San Giuseppe. Certo, c’erano due ore abbondanti di strada da percorrere a piedi, ma il bambino era robusto e i suoi piedini erano temprati dal correre scalzo nel cortile acciottolato. Così, quel mattino si misero in cammino di buon’ora. Per lui era tutta una scoperta di luoghi mai visti e di persone sconosciute che avevano la stessa meta. Una volta erano stati superati anche da una Balilla, che aveva sollevato un gran polverone, ma era stato bello comunque, dato che non aveva mai visto un’automobile. Infatti, vedeva solo, ogni mattina, un vecchio camion guidato dal capo del padre, che passava a prendere gli operai, tutti muratori. Aveva sentito dire che era un camion lasciato in Italia dagli americani alla fine della guerra e lui pensava che dovevano essere molto ricchi questi americani per non portarsi a casa quel camion, che a lui piaceva tanto.



A metà strada, mentre attraversavano un piccolo gruppo di case, vide una fontana con una grande vasca e chiese al padre se potevano fermarsi un poco per dissetarsi. Lì c’era una donna che stava riempiendo un secchio e, alla richiesta del bimbo di poter bere, lo invitò ad accomodarsi sotto al pergolato della sua casa, che era proprio di fronte, così gli avrebbe dato l’acqua con il bicchiere. Denis guardò il babbo e lo vide annuire. Si sedette, quindi, all’ombra su di una panca di legno. Nel frattempo la donna era entrata in casa ed era uscita con due bicchieri e una brocca. I due viandanti si dissetarono e Denis pensò che aveva veramente bisogno di quella sosta, perché non aveva mai camminato così tanto. Fissava la donna, giovane e molto carina, con uno sguardo dolce, che gli procurava una strana emozione. Sul tavolo, coperte da una tovaglia, si intravvedevano diverse micche di pane, sfornate da poco. La donna, che aveva detto di chiamarsi Lucia, interpretando il pensiero del bimbo, rientrò in casa e uscì con un coltello e un piatto con una formaggella. Prese una micca da sotto la tovaglia, ne tagliò alcune fette e porse la prima al bambino. Lui si sentì mancare il respiro: stava porgendo la prima fetta proprio a lui! Non gli sembrava vero. Incredulo, si volse verso il padre. Questi gli fece ancora una volta un cenno affermativo e lui allungò la manina e assaggiò quel pane. Era il più buono che avesse mai mangiato. Lucia gli offrì anche una fetta di formaggio, ma lui fece segno di no. Ora voleva solo godersi quel sapore così speciale, senza comprender che era stato quel semplice gesto a renderlo tale. Era giunto, però, il momento di rimettersi in cammino. Raccomandando loro di fermarsi al ritorno, Lucia lo abbracciò e lo baciò su entrambe le guance. Finalmente giunsero in paese e la fiera lo accolse con un mondo di novità. Il babbo gli comperò pantaloni e scarpe e anche qualche piccolo giocattolo. Qui incontrarono il capo muratore, che, dato che avrebbe fatto la stessa strada, offrì un passaggio, accettato di buon grado. Le emozioni erano state tante e anche la stanchezza ci mise del suo, così quando il camion passò davanti alla casa di Lucia il sonno aveva già chiuso quegli occhi di innocente. A casa venne messo a letto e si risvegliò il mattino seguente, con la mente colma di meravigliose cose da raccontare agli amichetti. L’unico cruccio era di non aver rivisto Lucia e alla sera, al ritorno del padre dal lavoro, chiese se qualche volta potevano andare a trovarla. Il padre rispose che lo avrebbe accontentato, ma non subito, perché i muratori, durante la bella stagione, devono lavorare molto. Dopo un paio di settimane il babbo portò a casa una bicicletta. Era usata, ma lui la lucidò bene e a Denis parve bellissima. Giunse la domenica e al pomeriggio il papà disse che doveva andare a vedere un lavoro da eseguire in fretta e, inforcata la bicicletta, partì. Tornò a sera. La cosa si ripeté tutte le domeniche e Denis pensava che il suo babbo era veramente un bravo operaio, dato che andava a fare sempre contratti nuovi e, quando tornava a casa, era felice. Passò l’estate e con l’autunno le giornate cominciarono ad accorciarsi. Il papà nelle domeniche di pioggia partiva a piedi. Denis ogni tanto parlava di Lucia, ma non aveva il coraggio di chiedere di poterla rivedere.

Si avvicinava ormai il tredici Dicembre, con la festa di Santa Lucia, attesa con ansia da tutti i bambini, perché portava loro dei doni. Gli amichetti del cortile parlavano continuamente di quello che avrebbero voluto trovare al mattino nella scarpa. Lui, quando sentiva il nome di Lucia, pensava al dolce sguardo della donna che portava questo nome. Chissà se e quando avrebbe potuto rivederla! Il mattino del tredici Dicembre la nonna lo svegliò di buon’ora. Lui corse a guardare nella scarpa e non vi trovò nulla. Il visino si rattristò, ma il papà e la nonna lo avvertirono che il suo regalo lo avrebbe avuto più tardi. Fu poi aiutato ad indossare pantaloni, maglioncino, scarponcini nuovi e un paltoncino color cammello, che lo facevano sembrare un principino. Era dunque questo il suo regalo? Ancora una volta gli fu risposto di no. Anche nonna e papà si vestirono in modo molto elegante e i suoi pensieri si confondevano sempre di più. Venne distolto da un clacson, aprì l’uscio e vide una Balilla, guidata da un signore sconosciuto e, con sua grande sorpresa, vi si trovò seduto con la sua famiglia. Ecco, era questo il suo regalo? Ancora una volta gli fu risposto di no. Finalmente l’auto si fermò, scesero tutti e Denis vide che erano di fronte ad una chiesa, che lui non aveva mai visto. Il padre lo prese per mano e insieme entrarono nel luogo sacro, da dove proveniva un suono di organo. Varcato il portone, restò impietrito. Davanti all’altare, vestita in modo elegantissimo, c’era la sua Lucia. Fu accompagnato da lei e si ritrovò stretto fra le sue braccia, con il viso coperto di baci. Lucia poi tolse un fiore dal mazzo che teneva in mano e lo mise nell’asola del bavero del paltoncino e poi fu fatto sedere nella prima panca. Al piccino sembrava di vivere in un sogno, ma quando sentì il padre e Lucia pronunciare “sì”, di fronte al prete, ebbe la certezza che in futuro avrebbe anche lui avuto, sempre, la sua prima fetta di pane e tanti bacetti sulle ginocchia sbucciate.

(Valentina Selene Medici)

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